mercoledì 29 febbraio 2012

"punto di quasi svolta"


Sarà che a volte mi sale un veleno incontrollabile, una rabbia compulsiva che mi morde lo stomaco,
come se questo lacrimasse una goccia alla volta, è più vicino al dolore che alla collera, non ho la faccia per piangere, ma lo stato d’animo è avvolto in un dolore imperturbabile.
Oggi un paio dei ragazzi ci hanno segnalato movimento breve (pochi zombie) fuori le mura, così siamo usciti armai io, mio fratello Danilo e Alessandro.
Erano sette anime in pena di lunga infezione, a giudicare dal puzzo e dalla camminata, prossimi alla morte definitiva e naturale (anche gli zombie muoiono con il tempo e anche se nutriti).
Ci siamo fermati a guardarli prima che si accorgessero di noi e andassero incontro alla morte violenta.
Tutti uomini e tutti adulti, i loro vestiti strappati, stracci da impiegato di banca o qualcosa di simile, uno di loro aveva ancora una lisa cravatta che doveva esser stata viola.
Mio fratello aveva con sé la sua ascia bipenne rubata nella ex casa di un collezionista di armi, pesantissima ma efficace, dal braccio lungo ed il manico in avorio, Alessandro una splendida spada da samurai, che nessuno ha chiesto dove diavolo può averla trovata, ed io con la mia mazza in ferro da carrozziere da dieci kg.
Ormai contro gli zombie è una lotta impari, spesso ti vengono incontro inermi, lenti, goffi e terribilmente prevedibili, ti si buttano contro con la loro bocca aperta e, spesse volte, quando ti scansi, cadono da soli, non ti resta che colpirli.
Sicuramente è stata solo una mia impressione, ma avevano un non so ché di umano, forse lo sguardo, sembravano dire, “siamo stanchi di vagare, uccideteci, mettete fine al nostro strazio, abbiate pietà della nostra non vita”.
Il primo è stato buttato giù da mio fratello che gli ha spaccato la testa in due, fino alla base del collo, un colpo violentissimo, si è spicchiato  come un mandarino, di quelli che si mangiavano  nelle festività prebelliche (come il natale), subito seguito da Alessandro che con tre movimenti secchi, come fosse un ombra, ha decapito altri tre di quei cosi mostruosi.
Io ho aspettato che si avvicinasse a me un altro, quando si è mosso per mordermi ho fatto due passi indietro (stavo per inciampare, tanto per ricordarmi che puoi fotterti sempre con gli zombie) ma sono rimasto in piedi, quando ormai era a terra, ho alzato la mazzetta e gli ho esploso la testa.
Quando l’ho nuovamente alzata, sotto il peso del pesante martello, non c’era quasi più nulla, solo una zuppa collosa di cranio friabile, materia mucosa (che negli zombie sostituisce il sangue e cervello).
Un altro è stato prima tagliato di netto a metà da Danilo, quando la parte superiore a terra, sbudellata, continuava a muoversi con un trascinamento lento delle braccia, Danilo ha finito il lavoro.
Ne restava uno, quello più lento.
In quel momento abbiamo avuto tutti e tre la strana sensazione che vi raccontavo.
Qualcosa in quell’essere era leggermente, ma significativamente, diverso.
Per un attimo ha “esitato”.
Era il tipo con la cravatta viola.
Lo abbiamo visto fermarsi, ne siamo certi, non è stato un problema di locomozione, si è fermato, ha esitato,come se avesse paura, e la paura è un sentimento, e i sentimenti non sono mai stata una proprietà degli zombie. Mi ha guardato e poi ha guardato mio fratello e Ale.
Nessuno di noi ha detto nulla, né prima né dopo, ma domani ne parleremo, ne sono sicuro.
Dopo la pausa ha fatto un passo verso me, con la faccia consumata dagli agenti atmosferici, la cravatta assurda con il nodo ormai lentissimo e quegli occhi.
Vuoti e scuri ma misericordiosi, pieni di fine, tra noi un silenzio di colla.
Forse per difendermi (l’istinto familiare e umano è indomabile) o forse perché gli andava e basta, mio fratello ha alzato l’ascia e lo ha finito per sempre.
Qualche ora dopo sarebbe uscito Vincenzo (il saggio) con la mini ruspa e li avrebbe seppelliti sotto cinque metri di terra.
Ora mi chiedo, nel silenzio della mia nuova casa, che cosa stia accadendo, forse un barlume di coscienza abita ancora quelle menti? Forse quando l’infezione si esaurisce in qualche modo qualcosa della memoria torna a galla.
Cazzo, non lo so.
Nessuno lo sa.
Abbiamo sempre avuto nel laboratorio della cittadella delle teste di zombie per studiarle, decapitate e messe su un tavolo dentro una scatola trasparente, e queste, anche se continuano a muovere le mascelle per un lungo periodo, alla fine se non alimentate muoiono.
E questo non è umano.
Ma qualcosa negli occhi di quegli uomini e dell’uomo della cravatta, portava con sé le memorie di una vita passata normale.
Per la prima volta da quando è esplosa l’epidemia, il mio sentimento di odio si è confrontato con la pietà.
Ora voglio dormirci su, se non è stato un caso, nei prossimi giorni e forse anni, ne parleremo ancora.
Se invece era un trucco della memoria di direttore di banca, fingere di essere fottuto per fottere, fanculo a lui.
Ho sonno.

lunedì 27 febbraio 2012

PAPA'


“Braveeeee! Brava mamma! E brava nonna!” mi girai e vidi Emanuele, ancora in cima alle scale, che applaudiva. Questo è matto, pensai. Avevo appena ucciso mia madre con un rastrello da giardino e lui applaudiva e urlava “brave”? Ma mi bastò posare gli occhi sul viso di Gabriele per capire, la sua espressione stava passando dal terrore al divertimento. Mio marito è un genio, pensai subito dopo. Ecco come è nata la storia del film sugli zombie.
- Amore, vai a chiedere al regista se la scena è venuta bene – dissi con la maggiore naturalezza che trovai in quel momento.
- E tu mamma vai a struccarti che per oggi abbiamo finito –
Presi i bambini e entrammo in casa, Emanuele in perlustrazione a vedere se ci fossero altri zombie dentro e io a chiudere porte e finestre. Per fortuna i miei hanno sempre avuto le inferriate a tutte le finestre, certo eravamo al sicuro. Misi i bambini davanti alla tv con il loro videogioco preferito ringraziando il cielo di aver mandato sulla terra l’inventore della Wii.
- Non ci sono zombie qui dentro, ma non riesco a trovare tuo padre –
- Vado a cercarlo io, se non è uscito forse so dove trovarlo -  dissi. Lasciai Manu con i bambini e scesi in camera dei miei. Aprii la porta dell’intercapedine che fungeva da cantina…
- Papà? Sei qui? –
La voce di mio padre mi arrivò alle orecchie portando con sé lo stesso sollievo con cui mi arrivava quando da bambina mi svegliavo in preda a qualche incubo, lui era sempre lì. C’era anche quella volta!
- Sì – mi rispose sottovoce.
Si era nascosto dietro una “barricata” improvvisata con le brandine che usavamo per i bambini quando ci fermavamo a dormire lì.
- Che cosa è successo? Cosa ci fai qui? –
- Ma che ne so, mi sono svegliato e tua madre era già uscita, credo sia andata a fare la spesa. Poco dopo mi sono ritrovato un mostro orribile, con indosso i vestiti di mamma, che cercava di aggredirmi. Sono scappato e mi sono nascosto qui dentro. E’ da un po’ che non sento rumori ma non ho avuto il coraggio di uscire –
Non so dove trovai il coraggio di dire quello che dissi, ma lo trovai. Fu ancora più difficile di ciò che avevo appena fatto.
- Papà, quel mostro ERA mamma! –
- Cosa? –
Cercai di spiegargli in cosa si fosse trasformata, ma non fu affatto facile. Provate voi a spiegare a un uomo di 70 anni, che non ha mia visto un film sugli zombie, che cosa sono e soprattutto che sua moglie era diventata un morto che cammina che non vedeva l’ora di mangiarselo!
Feci del mio meglio per fargli capire come stavano le cose e perché eravamo lì.
- E adesso dov’è? – mi domandò ancora incredulo.
Non potevo. No, non potevo dirgli quello che avevo fatto.
- E’ in giardino, qualcuno l’ha uccisa con il rastrello –
Ma era a mio padre che stavo mentendo… lui capì, e io capii che aveva capito, ma nessuno di noi disse niente, non serviva.
Quando tornammo su Gabriele, tutto entusiasta, raccontò al nonno del film e della bellissima scena d’azione che avevamo fatto io la nonna.
- Porca miseria, me la sono persa! Mi sono svegliato tardi! –
Io e Emanuele ci guardammo, avevamo capito che papà era pronto ad affrontare ciò che ci aspettava e a venire con noi. Dove, come e quando non lo avevamo ancora deciso.

domenica 26 febbraio 2012

L'imboscata


Eravamo quasi alla fine della val Nerina quando un gruppo di quattro o cinque esploratori, vedendoci arrivare, ci ha fatto cenno di rallentare e spegnere il motore. Ovviamente lo abbiamo fatto e siamo scesi subito per capire cosa stesse succedendo.
Sotto di noi un precipizio che si fermava in una gola.
- Siete armati? - ci ha chiesto il capo esploratore.
- Fino ai denti – ha risposto Filippo con un bel sorriso.
- Bene allora volete, potete unirvi alla festa - dicendo questo l’uomo  ha indicato un sentiero che scendeva in fondo alla gola, e poi con la mano destra ci ha fatto cenno di guardare in alto sopra di noi e davanti a noi, oltre la gola.
Aveva appena finito di parlare, mi sono dovuto sbrigare per raggiungere Filippo che stava già scendendo lungo il sentiero con una mitragliatrice pesante che portiamo per le feste insieme ad uno zaino pieno di munizioni, ho raccolto il mio fucile e sono sceso con lui di corsa.
Arrivati giù, il sentiero cadeva dritto dentro una trincea (le trincee nella guerra con gli zombie sono opposte a quelle delle guerre passate convenzionali, piuttosto che essere scavate, sono alzate, una sorta di monta rozzo, lungo tutta la linea, riempito di detriti dalla parte in cui arrivano gli zombie che con il loro passo incerto non riescono a salire o comunque impiegano un tempo incredibile per farlo).
Ci siamo accomodati al fianco di un plotone di dieci uomini, io sdraiato con il mio fucile di precisione, Filippo in piedi con la bambina in braccio (la bambina è la mitragliatrice).
Lungo la linea potevo distinguere almeno un centinaio di uomini armati fino ai denti, qualche minuto e abbiamo sentito l’esca arrivare urlando, era a circa cento metri da noi, ma potevamo sentirla distintamente.
- Coglioni rotti in culo fatevi sotto! - si sbracciava davanti a questa orda di morti che camminavano, gli erano veramente molto vicini, ma il ragazzo, giovanissimo, non sembrava avere particolarmente paura.
Vi assicuro che dalla mia prospettiva era realmente spaventoso, i non morti erano a migliaia, un esercito spaventoso che avanzava, e questo ragazzo lì da solo che urlava e si faceva sentire.
Le pale di un elicottero hanno improvvisamente attutito le sue urla, ci è passato sopra la testa, in un attimo gli era sopra ad una trentina di metri, una corda è scesa dal Bell in volo e il ragazzo la ha afferrata, quando ha dato il segnale di salire il mostro più vicino gli era a forse tre o quattro metri, ha allungato la mano per prenderlo, ma alzando la testa ha trovato solo il dito medio a fargli segno di andare a fanculo.
Tutti hanno iniziato a sparare, la tecnica era un colpo un morto, dritto in testa (tutti tranne Filippo, lui li tagliava letteralmente in due con la bambina).
Più sparavamo e più non riuscivamo a fermarli, quanti erano guadagnavano pochi metri al minuto, ma comunque li guadagnavano, questo per almeno dieci minuti di fuoco continuo.
A quel punto io e Filippo avevamo terminato le munizioni che avevamo portato giù dall’auto, e siamo rimasti a goderci lo spettacolo.
I cadaveri continuavano ad ammassarsi, e i fucilieri hanno cominciato a darsi il cambio con le seconde linee, che fino a quel momento avevano avuto la funzione di porta munizioni.
La battaglia è durata per un paio di ore, il buio ormai era totale e i visori notturni (i visori termici nella guerra con gli zombie non servono a nulla visto che i mostri sono freddi) erano stati indossati da tutti, compresi noi, le seconde linee li avevano portati a tutti.
Nessun cedimento, quei ragazzi sanno fare il loro lavoro.
Intorno alle due del mattino non risuonavano più colpi. Le linee si erano fermate e gli uomini si stavano ritirando, solo il perimetro venne “sentinellato” da un copioso numero di uomini che erano stati di riserva durante la battaglia.
Abbiamo passato la notte con i soldati e le loro storie da ascoltare, hanno acceso i fuochi e abbiamo mangiato tanto.
Quando il mattino dopo ci siamo svegliati lo spettacolo era incredibile, una distesa umana di corpi, ma quello che impressionava erano le prime linee di cadaveri alte fino a un metro e mezzo di esseri ammassati, per almeno trecento metri.
Il resto del viaggio è andato come da copione, abbiamo fatto quello che dovevamo.
Ci siamo fatti le nostre risate richiamando alla memoria la nostra amicizia prebellica e poi post bellica, quando stavo per uccidere Filippo, visto che era stato morso, e ringraziando di non averlo fatto, a seguito di una sbornia, si fece chiudere in una stanza e quando il mattino dopo lo andai a trovare mi chiese se da zombie era brutto.
Risposi “non molto”, scoprimmo così che lui faceva parte di quella piccola percentuale umana che la natura ha scelto di rendere immune all’infezione.
È inutile che vi facciate domande sui suoi anticorpi o cose simili, è uguale a tutti, solo che a differenza di altri lui e altri pochi sono immuni.
Ovviamente l’immunità non prevede che non possa morire sbranato, ma comunque sta un bel passo avanti su tutti a buco di culo. 

sabato 25 febbraio 2012

1 Griglia di spiegazione sommaria prebellica (appunti)




In questi scritti vado a menzionare le cose, senza un ordine cronologico dei fatti, d’altronde non sarebbe possibile né verificabile e ancor meno corretto nelle dinamiche visto che ogni paese ha reagito in modo diverso e in tempi diversi.
Un accenno allo scoppio dell’epidemia posso farlo (ma non prendetelo per fonte certa o ufficiale, di certo posso solo raccontare quello che vedo e vivo)
Il punto zero è identificato con il Cairo, lì è esplosa l’epidemia, ma era diversa, i primi infatti, ti aggredivano violentemente fino a ucciderti, quando eri morto continuavano a picchiarti, fino a farsi esplodere il cuore per morire di infarto, insomma arrivavano fino a restare senza più nulla in corpo continuando a ridurre in poltiglia la testa e il corpo del malcapitato.
Venivano classificati come omicidi suicidi, non c’erano morsi, quella è probabilmente stato un assestamento del virus (dal canto mio potete escludere il probabilmente).
L’espandersi è stato rapidissimo e, come accennavo quando ho cominciato a scrivere questo diario, sembra che colpevole sia l’acqua.(o meglio sembrava oggi è una certezza)
Prendete le mie spiegazioni per quelle di uno che nella vita prebellica faceva lo speaker, non lo scienziato.
Nessun esperimento andato in malora, nessun fottutissimo fattore inquinante in un laboratorio in una area 51, niente di tutto questo.
Conoscete la storia della bomba atomica che in piena guerra fredda stava per esplodere contro gli Stati Uniti per mezzo dei vertici sovietici? Quando si trattò di mettere ai voti, gli otto uomini del partito comunista si sentirono tutti male nonostante avessero mangiato cose diverse e in posti lontanissimi uno dall’altro.
Quella volta il mondo venne salvato dall’acqua, è ormai certo che li fece cagare tutti sotto per settimane quegli otto (Spezurowiski, il generale, rischiò anche di morire).
Attenzione non è l’invenzione di un mitomane, questa informazione è ormai di dominio pubblico,la terza guerra mondiale non esplose grazie ad una brocca d’acqua sul tavolo non contaminata ma che, chissà come, modificò la sua struttura.
È così, sulla base di questa traccia, che in pochi mesi gli studiosi più brillanti (e quelli ancora vivi) sono giunti alla conclusione che il mondo è finito e ripartito, molte più volte di quanto noi non pensassimo neanche.
Il continente perduto di Atlantide, è veramente esistito e venne inondato, così come le alluvioni raccontate nei libri sacri e i diluvi universali.(oggi sappiamo che sono stati molti)
Insomma la questione è molto più complessa di come posso spiegarvela in questa griglia di informazioni generiche, ma avrò modo nelle prossime settimane di entrare più nello specifico, devo solo dedicarmi di più ad una corretta scrittura.
Per ora accontentatevi di questo, il mondo e noi siamo composti di acqua, curiosamente la terra ha praticamente, in percentuale, la stessa quantità di acqua di un corpo umano.
Quando il pianeta è stato messo in crisi dall’uomo perché stavamo diventando troppi, ha semplicemente ristabilito un numero minore affinché si potesse vivere meglio.(nulla a che vedere con le stronzate di matrice ambientalista, buco dello ozono o cose simili, eravamo diventati troppi e basta) Ovviamente non tenendo conto delle enormi sofferenze del genere umano (ma  quando mai la natura h avuto pietà nel far morire bambini in atroci sofferenze per un tumore fulminante e senza speranze?).
Questa è la versione che approssimativamente viene accettata dall’umanità (o quella che ne è rimasta) anche dai religiosi, visto che non va ad intaccare il mito dell’apocalisse, la quale prevede la fine del genere umano, non la selezione; secondo i testi sacri infatti, con il volere di Dio, non si discute, saremmo tutti morti e basta.
Quindi fanculo a quei malati mentali che parlavano di scie chimiche o invasioni aliene, quei pataccari erano morti prima dell’infezione.
Nessun alieno ci ha infettato e purtroppo nessun alieno è venuto a salvarci.
Ci sono anche persone che hanno provato ad arricchirsi, con tutto questo, ad esempio le aziende che misero in vendita il “kit antizombie”.
Ma vaffanculo, una valigetta, con delle cose totalmente inutili, o comunque al quadruplo del prezzo se fossero state comprate singolarmente.
L’Italia è uno dei paesi che meglio ha resistito, a nord sono state alzate delle muraglie incredibili, vigilate dal corpo dei M.I.P. (Movimento Italiano Protocollo), per il resto noi ce la dobbiamo vedere con la nostra popolazione, non temiamo invasioni essendo una penisola. E il territorio ha aiutato, vecchi paesi arroccati in cima a colline o montagne, una volta chiuse le mura e preso le contromisure hanno solo dovuto gestire focolai interni, ma per il resto è andato tutto ok, chi ha pagato di più nel nostro paese sono stati quelli residenti nella zona della pianura padana.
Nessun ostacolo naturale e continuo cambio di venti che permetteva agli zombie di trovare l’odore “del vivo”
Ustica, Favignana, l’isola del Giglio e quella di Monte Cristo, sono praticamente libere e sono la propulsione agricola di aiuto per molte altre zone, cercano di aiutare come possono, la Sardegna sta combattendo in modo feroce, e la sua totale liberazione è prevista tra qualche mese, (ovviamente queste considerazioni non tengono conto di un nuovo ceppo infettivo) e a quel punto le cose avranno una svolta.
La Sicilia ha avuto una aggressione impressionante in contaminazione e quando hanno cominciato a reagire seriamente erano rimasti veramente in pochi.
Oggi però stanno stanando zombie casa per casa, sono pochi ma armati come pochi al mondo. Li fanno saltare in aria con esplosivi li squagliano, dopo averli attirati in laghi di acido o li infilzano con i forconi e si muovono per quella terra arida con una facilità incredibile.
Le zone più difficili da decontaminare in seconda battuta saranno, non tanto le aeree metropolitane dove si andrà  (e in qualche posto già si va) casa per casa, ma i sotterranei.
Fortuna, Roma ha una metropolitana non troppo estesa, ma città come Londra, New York e soprattutto Parigi, sono letteralmente andate, non saranno presto da considerarsi “libere” o forse non lo saranno mai più, si correrà sempre il rischio che qualche zombie salti fuori da la sotto.
Tokio è caduta dopo neanche tre mesi, e ad oggi non  ne sappiamo nulla, il popolo non ha trovato nell’immediatezza la capacità di reazione, visto che uno dei primi contagiati è stato l’imperatore, questo ha gettato nello sconquasso tutta la popolazione del Sol Levante.
Ottime notizie arrivano da Malta e da Cipro, i luoghi dove per primi sembra si sia fermata l’epidemia. Poi gradualmente i vivi hanno avuto la meglio sui morti.
Purtroppo la Svizzera è completamente andata (pochissimi sopravvissuti, se ancora ce ne sono) così come tanti altri luoghi che elencherò nelle prossime griglie.
Insomma non siamo ancora nella fase del contare i cocci, al momento possiamo solo cercare di capire cosa è stato rotto.
Voglio spendere anche qualche riga per i motivi che hanno portato qualcuno a sopravvivere e altri no.
All’inizio si pensava che a morire fossero i meno in forma, i più grassi o con handicap di vario genere.
In una società che basava quasi tutto sull’apparire, questo provocò un vento di inutile ottimismo.
Quelli che erano incredibilmente in forma grazie al fitness guardavano gli altri dall’alto al basso.
Alla fine furono praticamente i primi in scala a morire.
Infatti con il senno del poi la sopravvivenza non tiene conto del tuo addome, e lo stare in forma in natura non significa (come erroneamente credevamo) essere magri, altrimenti, e oggi lo sappiamo, gli orsi sarebbero tutti magri. Col cazzo
Quando fu il tempo della fame i ciccioni non furono colti da crisi isteriche andando a caccia e non tornando mai.
Lo stesso fece chiunque conosceva bene i propri limiti. Aspettò.
Quando si tratta di resistere non ci sono Rambo (personaggio eroico cinematografico prebellico).
Insomma a resistere furono quelle persone che agivano poco e bene.
Senza distinzione quelli che sapevano sfruttare al meglio la propria condizione, i grassi sfruttavano il peso e la forza, i magri la velocità e l’astuzia, quelli con il bel fisico, il terzo giorno di razionamento maledicevano i loro assurdi conteggi tra proteine e carboidrati e non avevano neanche la forza per cagare.
Anche se qualcuno di voi penserà che ci sia una lettura personale e che queste ultime righe siano dettate dal riscatto orgoglioso di un ex ciccione (oggi non è più cosi, ma sono sulla strada del recupero).

giovedì 23 febbraio 2012

"v armata"


Chiedo scusa se non seguo esattamente un filo temporale, ma mi limito ad un filo logico, e soprattutto mi scuso con mia moglie per il ritardo, ma questi sono squisiti fatti nostri che mangiamo dove e quando ci pare, (magari stanotte) spero di farmi perdonare.
Tre giorni fa sono partito per Roma con Filippo, abbiamo deciso di contravvenire la prima regola dello spostarsi sempre in tre.
Con quello che ci è successo, uno di noi si sarebbe potuto staccare per avvertire gli amici nella cittadella, ma sarebbe riuscito nell’impresa o avremmo solo messo a rischio un'altra vita?
Considerando quello che abbiamo incontrato sulla nostra strada è stato meglio così.
Eravamo nella super blindo (un Hummer da guerra saldata e preparata da Filippo) in quella che una volta era la Val Nerina, una lingua di asfalto, ormai invasa quasi totalmente dalla natura che collega, attraverso poi la Flaminia, la cittadella a Roma.
Ci trovavamo ormai ad una trentina di chilometri da Roma quando ci siamo simultaneamente innervositi, la strada era libera, ma ci guardammo in contemporanea. Magari un giorno racconterò anche di come si sviluppa un sesto senso, ma non come quello di prima della guerra, l’uomo in questi tre anni ha sviluppato cose sopite da millenni.
La giornata era ancora lunga e non avevamo incontrato teste morte e neanche vive, Filippo mi aveva fatto fermare per pisciare, io ero rimasto in vettura ma al suo rientro qualcosa era cambiato, forse l’odore, forse la carica elettrostatica nell’aria che impercettibilmente ti avverte di ogni cambiamento.
Comunque, abbiamo ripreso la strada, una curva, una seconda curva, un'altra e un'altra ancora, quando improvvisamente ce li siamo trovati davanti, dietro, sopra e sotto.
Ne abbiamo strikeato qualcuno con la macchina, (è un termine che usiamo, rubato al vecchio gioco del bowling, quando buttando giù tutti i birilli facevi un gran punto) ma tanti erano che sono riusciti a fermare l’Hummer. Anche buttando le prime quattro cinque linee, alla fine sono stati più forti del milione di fottutissimi cavalli che avevamo sotto il culo.
Quando la macchina si era ormai fermata hanno cominciato a venirci addosso come api intorno ad un alveare, picchiavano sui vetri blindati, ci guardavano famelicamente da fuori.
Li abbiamo sentiti salire sul tetto, e anche se tutto sommato ci sentivamo al sicuro, quanto avremmo resistito in quella situazione?
Lo potete immaginare cosa significa essere bloccati da migliaia di teste morte che premono in ogni direzione sulla vostra auto?
Era quasi sera e l’Hummer non dava cenni di cedimento, noi cominciavamo a perdere le speranze in quel modo dignitoso che solo due condannati a morte certa hanno, quando abbiamo iniziato a sentire in lontananza i tamburi.
Era la “V armata”, lo abbiamo capito subito, usano i tamburi per attirare gli zombie.
Cazzo è stato un spettacolo.
Pochi minuti e si è scatenato un inferno di fuoco, cadevano da tutte le parti, era quello che tutti i sopravvissuti ormai sanno, tra noi e i non morti ormai è solo una questione di pallottole, prima dello scoppio della guerra eravamo miliardi in tutta la terra, forse sette, ora siamo forse cinquanta milioni in tutto il mondo dei vivi, con un imprecisato numero di non morti che cadono ogni giorno.
Anche Salinger sul giovane Holden avrebbe scritto altro, e anche se i numeri non sembrano essere dalla nostra parte, cosi non è.
Loro ormai non sono gli zombie veloci del primo momento, a meno che non siano nuovi infetti, molti  si reggono a malapena in piedi, diventano più energici solo quando vedono un probabile pasto.
Ma per il resto sono morti che camminano, con le ossa semiputrefatte e che puzzano di marcio ovunque.
Quando la vettura è stata libera, Filippo è salito, per mezzo della botola, sul tetto alla mitragliatrice e ne ha massacrati a pacchi.
Io ho fatto una cosa che ancora non capisco.
Sono sceso quando intorno era ormai deserto e mi sono acceso un cazzo di sigaro.
Uno di quelli che qualche anno fa non mi sarei mai potuto permettere.
Ma qualche anno fa non mi sarei potuto permettere tante cose, compreso un Hummer.
La V armata aveva preso ormai posizione e continuava a sparare, io e Filippo siamo rientrati nel blindo solo quando un paio di pallottole ci hanno soffiato vicine.
Hanno finito il lavoro con un’ora o poco meno.
Abbiamo visto arrivare i preti verso di noi in divisa che facevano il loro lavoro.
(I preti sono, oltre alla canonica immagine,sono anche il corpo dei ripulitori, quelli che finisco il lavoro, armati di parastinchi alti e ginocchiere e gambali anti morso, passano in rassegna i cadaveri e finiscono quelli che ancora si muovono con un colpo in  testa e un’Ave Maria, il Vaticano ha chiesto che la preghiera fosse dedicata a Maria e non a Gesù perché il figlio di Dio si sacrificò per gli uomini, lei no. Cosa volete che vi dica, per certe cose il mondo è rimasto uguale).
La differenza attuale è che il Papa e il Vaticano ora sono ospitati all’interno di un monastero ortodosso in  Grecia, vista la posizione sono praticamente inattaccabili dagli zombie, troppo isolati e su isole sperdute.
Nessuna delle religioni si è unita tra loro, ma non si fanno più la guerra e hanno mostrato il lato migliore di Dio.
O di quello che loro chiamano così.
Il primo a venirci incontro è stato il Colonnello Pietrini, comandante del reparto A.E.C. (assalta e uccidi) un ragazzotto che avrà una quarantina d’anni, buono nell’aspetto ma estremamente risoluto nei modi.
Qualche metro prima di arrivare a noi, scortato da un paio di uomini, ha visto il braccio di uno zombie muoversi, ha estratto la sua pistola e gli ha sparato una palla dritta in faccia, senza neanche guardarlo (cazzo se lo ha centrato).
-Allora ragazzi, vi serve aiuto?- ci ha chiesto sorridendo.
Il ghiaccio si è rotto subito, gli ho offerto un sigaro e Filippo ridendo gli ha risposto:
- era solo questione di tempo, li stavamo stancando -, siamo scoppiati in una risata.
Così abbiamo scoperto che la V armata stava andando a liberare la zona intorno alla cittadina di Norcia. Che stava resistendo da mesi ma non riusciva a ripartire con la tripla s.
Prima di andar via il colonnello Pietrini ci ha rassicurato che al ritorno (se sarà vivo, era inutile ripeterselo) verrà a trovarci e magari se il posto gli piace può anche decidere di fermarsi, visto che è in cerca di un posto dove fermarsi e ricominciare.
La sua ragazza vive in caserma con lui vicino Roma nella zona di Torre in Pietra.
Siamo ripartiti che era ormai buio e ci siamo resi conto del culo che abbiamo avuto quando, dopo dieci minuti che camminavamo, in auto ancora vedevamo uomini e mezzi della V.
Ora vi chiedo scusa, domani o nei prossimi giorni vi racconto il resto.
Vi ricordate quando all’inizio vi ho parlato degli squisiti fatti nostri tra me e mia moglie? Ecco i bambini dormono…

mercoledì 22 febbraio 2012

MAMMA

Sono le 5 del mattino, Emanuele non è ancora tornato, e visto che di dormire non se ne parla... eccomi qui, per raccontarvi quella che è stata senza dubbio l'esperienza più brutta della mia vita. Se avete il giudizio facile o lo stomaco debole lasciate perdere e passate oltre, perchè in queste pagine non c'è spazio per la pietà, non c'è spazio per nessun umano sentimento....



Era il 17 aprile del 2014, l’epidemia era esplosa da poche settimane, i tg e i giornali ancora non parlavano di zombie (tanto meno di rotti in culo), ma anche se nessuno aveva il coraggio di pronunciare quella parola tutti avevamo capito di cosa si trattasse. A me ed Emanuele era bastato uno sguardo per intenderci. Lo ricordo come se fosse ieri, eravamo a tavola, stavamo cenando con i bambini che facevano il solito baccano e ci impedivano di sentire il telegiornale, ma le nostre orecchie erano state catturate da pochissime, semplici parole: strana epidemia, febbre alta, convulsioni, accompagnate da uno stato di morte apparente. Ci era bastato questo per guardarci, capirci e attivarci. Bagnetto ai bambini, favola e nanna, quando ci ritrovammo da soli in salone, senza dire nulla iniziammo a fare le valigie con lo stretto necessario a muoverci agevolmente. Caricate le macchine andammo a dormire con la consapevolezza che quella sarebbe stata la nostra ultima notte di vita normale, l’ultima notte che avremmo passato in quella casa. Ma tanto a me non piaceva neanche più quella casa! Aveva il giardino troppo piccolo per tre bambini, due cani e due gatti.
La mattina successiva, dopo una bella colazione abbondante prendemmo i bambini e, mostrando tutta la spontaneità che riuscimmo a tirar fuori, “ehi, bambini! Che ne dite di andare a trovare i nonni?” la proposta, come eravamo sicuri sarebbe successo, fu seguita da un entusiasta coro di “sììììììì”. E così, presi cani e gatti ci avviammo. Chissà perché eravamo convinti che Morlupo non fosse ancora stata toccata dall’epidemia. Ci sembrava normale ritenere che a Roma, con i suoi milioni di abitanti, sarebbe stato più probabile incontrare persone infette (perché per noi erano ancora persone, cambiammo idea di lì a poco). Ora mi rimprovero l’ingenuità e la banalità di quella riflessione, mi rimprovero la leggerezza del pensare che casa di mamma e papà fosse ancora quel luogo sicuro e rassicurante che dovrebbe essere per ogni bambino, ma soprattutto mi rimprovero la stupidità del non aver fatto la cosa più normale del mondo… telefonare! Perché non ho telefonato ai miei prima di imbarcarmi armi e bagagli non l’ho ancora capito, forse mi sarei potuta evitare l’esperienza peggiore di tutta la mia vita. Ma tant’è! Non telefonai!
Arrivammo presto, ma mamma era sicuramente sveglia, non dormiva mai oltre le sei del mattino, ero sicura che l’avrei trovata al solito posto, nel suo studio davanti al computer o intenta in uno dei suoi lavori manuali. Entrammo dal cancello del giardino superiore, quello che tenevano sempre aperto e dall’alto della scala vidi mamma piegata a terra, pensavo stesse piantando qualcosa o sistemando qualche pianta. “Ciao ma’!”, si voltò, mi si gelò il sangue a vedere la sua faccia deturpata e tutta sporca di sangue, si alzò e vidi a terra il corpo della sua adorata cagnetta, successe tutto in pochi secondi. Il tempo di realizzare cosa stava facendo e cosa le era successo… “nonna!” La voce di Gabriele mi rimbombò nella testa come se mi avessero suonato le campane di San Pietro direttamente nelle orecchie. Lo vidi partire di corsa sulle scale per andare ad abbracciarla, lei si diresse verso di lui e tutto aveva tranne l’aria di una nonna che vuole baciare il suo nipotino! Non avevo ancora le mie pistole, e allora non pensavo di certo mi sarebbero servite.
Non voglio scatenare la pietà di nessuno con frasi ad effetto tipo, mi vidi passare davanti agli occhi tutta la nostra vita insieme, o cose del genere che andrebbero bene per un romanzo, peccato che questo non sia un romanzo ma la fottutissima realtà. A dire il vero non so cosa pensai, credo di non aver pensato niente, penso di essermi trasformata in una frazione di secondo in puro istinto materno. Mio figlio era in pericolo e io DOVEVO SALVARLO! Mollai il passeggino con Niccolò in cima alle scale, Emanuele era rimasto poco indietro con Adriano, saltai giù dalle scale e afferrai il rastrello da giardino che trovai andando a colpo sicuro, sapevo benissimo dove lo teneva mia madre, lei e la sua mania dell’ordine! Pure in giardino! Fu un attimo e il rastrello era piantato nella sua testa! La fissa di mio marito per gli zombie e tutti i film e le serie televisive che mi aveva fatto vedere erano serviti a qualcosa, sapevo esattamente dove colpire. 

32 ore



Sono più di 32 ore che Emanuele è sparito, e 24 ore è il tempo limite che ci siamo concessi di stare separati, se dopo 24 ore uno dei due non torna dall’altro dobbiamo considerarlo morto, ma lui NON è morto! Lo sentirei se fosse così, la nostra sintonia va al di là di ogni umana concezione e la nostra capacità (più la sua devo dire) di comunicare con la mente è una cosa che nessuno ha mai creduto. Eppure IO SO CHE NON E’ MORTO. Quindi continuo ad aggiornare questo stupido blog, sì stupido! Non capisco che senso abbia, non sappiamo nemmeno se qualcuno lo legge o lo leggerà mai, non sappiamo nemmeno se qualcuno al di fuori di questa cittadella è ancora vivo per poterlo leggere. Eppure quando ci siamo resi conto che alcune linee telefoniche erano ancora intatte lui ha deciso di scrivere. Chissà, forse per credere che la sua, la nostra vita, abbia ancora una parvenza di normalità. Non lo so, so solo che gli ho promesso di scrivere al suo posto quando non avesse potuto farlo lui e così, eccomi qui. I bambini che dormono, con l’innocenza e la tranquillità che solo i bambini possono conservare in situazioni così estreme. Sarà che abbiamo raccontato loro che una grandissima produzione cinematografica sta girando un film sugli zombie e che quelli che vedono non sono altro che attori ben mascherati. E sono tutti contenti che il loro papà sia stato scelto nel ruolo dell’eroe, sono così orgogliosi che mi fanno una tenerezza infinita quando, al suo ritorno, gli saltano addosso trotterellando, e gli domandano “ehi papà, quanti attori brutti hai uzziso oggi?”. Attori brutti! Beh, almeno è un modo “poetico” di vedere le cose!
E io sono qui da sola, da 32 ore! Ci fosse almeno Filippo, mio fratello, non di sangue ma di vita! MIO FRATELLO! Con lui vicino potrei affrontare anche questo terrore silenzioso di non rivedere più mio marito! Ma lui NON E’ MORTO! Mi ha solo lasciato qui da sola portandosi dietro pure Filippo, accidenti a loro! Sola con le mie nuove migliori amiche, le mie affascinanti amiche ammazza rotti in culo! E’ così che mi piace chiamarle, mi serve ad esorcizzare la mia fobia delle armi. Ci volete credere? Prima di tutto questo ero talmente terrorizzata dalle armi che un giorno di circa vent’anni fa stavo per svenire solo per aver visto una foto di mia sorella che teneva in mano per gioco la pistola di un amico poliziotto. Sono stata talmente male che quando mi sono ripresa, dopo aver strappato quella foto, mi sono mangiata mia sorella con una serie di insulti che l’hanno lasciata senza parole! Oggi mi viene da sorridere ripensandoci. Dormo con le mie amiche ammazza rotti in culo sotto al cuscino e le ho usate talmente tante volte da aver perso il conto, ormai mi sembra normale persino tenerle sulla credenza mentre cucino, sempre a portata di mano, mia, mai dei miei figli!
32 ore e 52 minuti! Porca pu…a ma dove diavolo è finito? Giuro che quando torna gli sparo su una rotula così non si può più muovere! Non si lasciano moglie e figli così a lungo senza notizie! Nemmeno durante una guerra! Ecchecca…!!!!
Me ne sto qui a scrivere, con un occhio alla porta e un orecchio ai bambini, ho sempre paura che si sveglino in preda agli incubi, e se iniziano a urlare c’è il rischio che attirino quelle cose mostruose. Cose, non trovo altro termine per definirle. Non sono uomini, o almeno non lo sono più, non sono bestie, non sono niente, sono solo cose che si muovono. Penso solo a questo quando gli sparo in testa, altrimenti non ce la farei, ma si sa, una madre che vede minacciati i propri figli può arrivare a compiere l’impossibile. Forse è per questo che sono riuscita a colpire mia madre con un rastrello da giardino, gliel’ho ficcato dritto in mezzo agli occhi. Ma è una storia a cui non ho voglia di pensare in questo momento, magari un giorno ve la racconto ma adesso voglio solo concentrarmi e cercare di comunicare con Emanuele per capire che fine ha fatto. Ma giuro, lo ridico nel caso non fosse chiaro, che quando torna (perché torna!) gli pianto una palla nella rotula! Ecchecca…!

martedì 21 febbraio 2012

la cittadella 2


Saremmo dovuti andare a cercare farmaci come vi dicevo, ma siamo prossimi ad una battaglia feroce, uno sciamo di migliaia di Zombie  si muove verso di noi, non possiamo sapere se ci hanno fiutato o se stanno vagabondando in cerca di qualche animale ferito.quello che sappiamo è che poche ore erano molto vicini a noi, le vedette hanno acceso i fuochi sui promontori,cerco di scrivere per  rilassarmi.È notte, i generatori sono tutti spenti tranne i tre che teniamo dentro buche che abbiamo scavato, per attutire il rumore,nei vicoli del vecchio borgo un vociare esce dalle finestre,rumori di piatti,si mescolano a pianti e risate,la luce è fornita da camini accesi e candele, l’atmosfera non ha nulla a che fare con la fine del mondo quando scende la notte e tutto è tranquillo.
Qualche nucleo familiare è addirittura intatto,come prima dell’epidemia.
Ci si muove nell’ombra e nel silenzio sempre più di uno e in numeri dispari, durante uno scontro almeno uno deve essere libero di staccarsi e andare a dare l’allarme,la questione del dispari credo nessuno l’abbia mai capito, ma il protocollo di difesa internazionale è quello che prevede e noi lo eseguiamo forse per sentirci ancora appartenenti a qualcosa.
A proposito chiedo scusa ma la tensione me lo stava facendo dimenticare, il rumore che avevo sentito mentre scrivevo il diario era uno sciame di pochi zombie, quattro o forse cinque almeno uno doveva essere un bambino, è uscito dalle mura Alessandro,ormai ha affinato cosi tanto le sue tecniche di uccisioni, che potrebbe stenderne a centinaia con poca forza a patto che ci sia il tempo.
Ha intenzione di fondare un arte marziale il “Juzo.”(lo ha chiamato cosi) e vi assicuro che è molto efficace quello che fa e come lo fa.
Abbiamo scelto con cura questo paese non siamo lontani dalle cascate delle Marmore,ci troviamo  in cima ad un monte e coperti da quattro promontori, uno per lato. In cima ad ogni promontorio tre sentinelle a turno di quattro giorni, due ore di guardia quattro di riposo a scrutare ogni movimento sospetto intorno a noi mura fort-  chiedo scusa è suonata l’ora della battaglia mi dispiace avre

la cittadella 1


Quando i giorni erano bui sono stati gli eroi a fare la differenza, le gesta di uomini che hanno messo in discussione la loro vita per il genere umano.
Ogni singola persona ancora non infetta ne era la testimonianza.
Eravamo tutti bloccati in un palazzo a Roma nord che aveva funzionato da punto di raccolta, ma dovevamo andar via e per farlo dovevamo trovare dei mezzi adatti, cosi si dispose che un autobus sarebbe stato quanto di più indicato meglio se due, l’ideale sarebbero stati tre.
Cosi decidemmo una sortita al parcheggio autobus di saxa rubra, uscimmo in quattro, io Filippo Alessandro e Pietro, conosciuto fino a quel momento come il silenzioso, mai una parola di troppo, mai una parola fuori posto, ora che ci penso bene, mai una parola.
Sempre attento alle necessità della sua famiglia, sempre disposto a dare una mano, ma sempre in silenzio.
Filippo, uno dei leader del gruppo, in molti si ci siamo chiesti all’inizio se fosse pazzo o semplicemente un duro, con il tempo scoprimmo che era la seconda,ma detto questo, io non visto
più nessuno sdraiare gli zombie come lo faceva lui.una incontrollabile furia di violenza. I rotti in culo gli andavano addosso e lui ne sdraiava uno a cazzotto, neanche avesse le pietre nelle mani.
Ed infine, l’eremita, Alessandro un ex banchiere ammazza zombie del cazzo.
A mani nude (ma non come Filippo) o con qualunque altro arnese,lui a differenza degli altri ha cominciato la fase “tre s”  prima degli altri, i zombie non li aspettava li andava a cercare, li fiutava come fanno i cani, sarei curioso di vederlo oggi dietro lo sportello di una banca..chissà magari un giorno, dietro un bancone ad ascoltare un anziano incazzato perché non gli arriva la pensione con sei giorni di anticipo.
Il piazzale era pieno di Zombie, cosi Pietro l’unico in grado di accendere e far muovere un autobus visto che era il suo lavoro e Filippo, perché il più affidabile nello scontro corpo a corpo tentarono la sortita ,d’altronde era una di quelle tante occasione che vi racconterò in cui le cose le -fai o muori-.in mezzo non c’è nulla. li vedemmo sparire dietro un capannone, ancora oggi non capisco come fecero ad arrivare li senza essere morsi.(mi cagai sotto perché fare la strada di ritorno senza Filippo era quasi come uscire disarmati)
Poi l’orda di zombie si assemblò proprio dietro il capannone, a quel punto il nulla  io e Alessandro eravamo sul punto di andar via, visto che ormai non vedevamo più anima viva (gli zombi non sono vivi).li davamo per fottuti.
Sbucò fuori a quel punto il bus con la scritta elettronica, Zombie nun te temo (traduzione romanesca di Zombie non ho paura di te). E si avvicinò verso il nostro riparo che distava circa duecento metri (sopravvento nessun problema se non fai rumore i rotti in culo non ti fiutano a quella distanza).
Ci fecero salire a bordo e con grande sorpresa li trovammo sorridenti, Pietro ci fece fare il giro dietro il capannone che non riuscivamo a vedere e lo spettacolo fu orribile e bellissimo insieme.
Zombie schiacciati ovunque, saranno stati più di trecento rotti in culo spappolati, sotto le ruote del bestione senza pietà di Pietro.
Quei due bastardi erano stati una mezzora a investire mostri e li avevano uccisi tutti o quasi, quelli che ancora si muovevano lo facevano a pezzi, trascinandosi tra lamenti e sangue.
A quel punto scesero Filippo e Alessandro e finirono il lavoro a colpi di piede di porco il primo e con un crik da autobus il secondo.
Alla fine mi ritrovai a guardare un tappeto rosso sangue e carne maciullata.imparai ad apprezzare la bellezza dell’orrido.
Dentro di me dissi, quelle erano persone..fu un attimo e il cervello mi corresse..quelle erano persone molto tempo fa.
Con questo per oggi vi saluto, domani andremo a fare una sortita in un ospedale, a prendere antibiotici e farmaci generici, quelli sono dei posti maledetti, dove l’epidemia si è sparsa a macchia d’olio,le prime persone che contrassero il virus finirono in ospedale e dopo la febbre alta e le convulsioni si risvegliarono morte.
Dormiremo fuori qualche giorno, questo potrebbe voler dire che a scrivere forse se ne avrà voglia, sarà mia moglie che resterà nella “cittadella”
Magari vi racconterà di quella che era la sua paura più grande prima della guerra.lei odiava le armi, una volta fuori ad un mc donald si senti male nel vedere un magistrato scendere con la scorta armata dall’auto.
Oggi i suoi migliori amici, sono una pistola cz bifilare ed una p38 bodyguard.e vi assicuro che spara come cucina.
Da Dio.

lunedì 20 febbraio 2012

resistenza Zombie: È il quattro maggio del 2016, il mio compleanno il...

resistenza Zombie: È il quattro maggio del 2016, il mio compleanno il...: È il quattro maggio del 2016, il mio compleanno il mio quarantesimo compleanno, il terzo dopo l’attacco che la natura ha sferrato contro l...

È il quattro maggio del 2016, il mio compleanno il mio quarantesimo compleanno, il terzo dopo l’attacco che la natura ha sferrato contro l’uomo, c’era da aspettarselo oggi dicono quelli bravi, ma prima dov’erano? Quando ancora si poteva fare qualcosa,se mai si sarebbe potuto fare qualcosa.
Oggi sappiamo che è stata l’acqua l’inizio di tutto ma questo ve lo racconterò nel corso del mio diario,lo terrò aggiornato, finchè sarò vivo.
Mi viene da ridere e non c’è proprio un cazzo da ridere, se penso che la mia sopravvivenza e quella della mia famiglia è dovuta alla mia cultura cinematografica sui rotti in culo.
Chiedo scusa, gli zombi, è cosi che si chiamano tecnicamente , ma tra i sopravvissuti, nessuno li chiama più cosi, non è un romanzo quello che stiamo vivendo e il nemico non ha un nome ma solo vezzeggiativi,quando si è in guerra le buone maniere sono un lusso, quando un tale strappa la gola a tuo figlio di cinque anni, non è più uno zombie.è un rotto in culo.
Ora capisco il linguaggio che tanto criticavamo dei soldati al fronte, quando apostrofavano i nemici.ricordo ancora le mie critiche da uomo di scrivania quale ero a quei soldati che torturavano i loro nemici.
Io allo zombie che ha ucciso mio figlio, ho distrutto a colpi di mazzetta da cinque kg la testa poi non contento l’ho segato in due con una motosega.
Pensate sia splatter?
se è questo quello che pensate abbandonate subito queste pagine perché quello che ho da raccontarvi non ha nulla  a che vedere con il rispetto delle regole.
Il mondo è caduto e con lui le sue regole, ora ne abbiamo di nuove.
il mio gruppo è in continua espansione, difficile da elencare in tutti i suoi componenti, quindi mi limiterò a raccontarveli giorno per giorno, potrà succedere che un giorno a scrivere sia mia moglie, le ho chiesto di aggiornare il blog, quando sarò fuori o se sarò impossibilitato a farlo io personalmente.
in questi giorni siamo molto impegnati, siamo passati alla fase tre, o comunque a quella che i vertici militari ancora in piedi chiamano fase tre, meglio conosciuta come le tre s.
scovali, stanali sterminali.
viviamo in una cittadella fortificata ai confini tra Umbria e Lazio, era un paese quando siamo arrivato, pochi i rotti in culo in giro avevano già sciamato altrove.(sciamato è un verbo probabilmente inventato che usiamo per spiegare gli spostamenti degli zombie, visto che si spostano come fossero sciami).
Pietro ne ha schiacciato qualcuno lungo la strada con uno dei tre autobus con i quali ci spostiamo, lui è il nostro autista o meglio non è solo ma è il capo autisti, gli altri fanno quello che dice lui, come lo dice lui.
potrei dire che il motivo è nascosto dietro l'impresa.
chiedo scusa sento rumori che non dovrei sentire, qualcosa si muove oltre le mura.