domenica 26 febbraio 2012

L'imboscata


Eravamo quasi alla fine della val Nerina quando un gruppo di quattro o cinque esploratori, vedendoci arrivare, ci ha fatto cenno di rallentare e spegnere il motore. Ovviamente lo abbiamo fatto e siamo scesi subito per capire cosa stesse succedendo.
Sotto di noi un precipizio che si fermava in una gola.
- Siete armati? - ci ha chiesto il capo esploratore.
- Fino ai denti – ha risposto Filippo con un bel sorriso.
- Bene allora volete, potete unirvi alla festa - dicendo questo l’uomo  ha indicato un sentiero che scendeva in fondo alla gola, e poi con la mano destra ci ha fatto cenno di guardare in alto sopra di noi e davanti a noi, oltre la gola.
Aveva appena finito di parlare, mi sono dovuto sbrigare per raggiungere Filippo che stava già scendendo lungo il sentiero con una mitragliatrice pesante che portiamo per le feste insieme ad uno zaino pieno di munizioni, ho raccolto il mio fucile e sono sceso con lui di corsa.
Arrivati giù, il sentiero cadeva dritto dentro una trincea (le trincee nella guerra con gli zombie sono opposte a quelle delle guerre passate convenzionali, piuttosto che essere scavate, sono alzate, una sorta di monta rozzo, lungo tutta la linea, riempito di detriti dalla parte in cui arrivano gli zombie che con il loro passo incerto non riescono a salire o comunque impiegano un tempo incredibile per farlo).
Ci siamo accomodati al fianco di un plotone di dieci uomini, io sdraiato con il mio fucile di precisione, Filippo in piedi con la bambina in braccio (la bambina è la mitragliatrice).
Lungo la linea potevo distinguere almeno un centinaio di uomini armati fino ai denti, qualche minuto e abbiamo sentito l’esca arrivare urlando, era a circa cento metri da noi, ma potevamo sentirla distintamente.
- Coglioni rotti in culo fatevi sotto! - si sbracciava davanti a questa orda di morti che camminavano, gli erano veramente molto vicini, ma il ragazzo, giovanissimo, non sembrava avere particolarmente paura.
Vi assicuro che dalla mia prospettiva era realmente spaventoso, i non morti erano a migliaia, un esercito spaventoso che avanzava, e questo ragazzo lì da solo che urlava e si faceva sentire.
Le pale di un elicottero hanno improvvisamente attutito le sue urla, ci è passato sopra la testa, in un attimo gli era sopra ad una trentina di metri, una corda è scesa dal Bell in volo e il ragazzo la ha afferrata, quando ha dato il segnale di salire il mostro più vicino gli era a forse tre o quattro metri, ha allungato la mano per prenderlo, ma alzando la testa ha trovato solo il dito medio a fargli segno di andare a fanculo.
Tutti hanno iniziato a sparare, la tecnica era un colpo un morto, dritto in testa (tutti tranne Filippo, lui li tagliava letteralmente in due con la bambina).
Più sparavamo e più non riuscivamo a fermarli, quanti erano guadagnavano pochi metri al minuto, ma comunque li guadagnavano, questo per almeno dieci minuti di fuoco continuo.
A quel punto io e Filippo avevamo terminato le munizioni che avevamo portato giù dall’auto, e siamo rimasti a goderci lo spettacolo.
I cadaveri continuavano ad ammassarsi, e i fucilieri hanno cominciato a darsi il cambio con le seconde linee, che fino a quel momento avevano avuto la funzione di porta munizioni.
La battaglia è durata per un paio di ore, il buio ormai era totale e i visori notturni (i visori termici nella guerra con gli zombie non servono a nulla visto che i mostri sono freddi) erano stati indossati da tutti, compresi noi, le seconde linee li avevano portati a tutti.
Nessun cedimento, quei ragazzi sanno fare il loro lavoro.
Intorno alle due del mattino non risuonavano più colpi. Le linee si erano fermate e gli uomini si stavano ritirando, solo il perimetro venne “sentinellato” da un copioso numero di uomini che erano stati di riserva durante la battaglia.
Abbiamo passato la notte con i soldati e le loro storie da ascoltare, hanno acceso i fuochi e abbiamo mangiato tanto.
Quando il mattino dopo ci siamo svegliati lo spettacolo era incredibile, una distesa umana di corpi, ma quello che impressionava erano le prime linee di cadaveri alte fino a un metro e mezzo di esseri ammassati, per almeno trecento metri.
Il resto del viaggio è andato come da copione, abbiamo fatto quello che dovevamo.
Ci siamo fatti le nostre risate richiamando alla memoria la nostra amicizia prebellica e poi post bellica, quando stavo per uccidere Filippo, visto che era stato morso, e ringraziando di non averlo fatto, a seguito di una sbornia, si fece chiudere in una stanza e quando il mattino dopo lo andai a trovare mi chiese se da zombie era brutto.
Risposi “non molto”, scoprimmo così che lui faceva parte di quella piccola percentuale umana che la natura ha scelto di rendere immune all’infezione.
È inutile che vi facciate domande sui suoi anticorpi o cose simili, è uguale a tutti, solo che a differenza di altri lui e altri pochi sono immuni.
Ovviamente l’immunità non prevede che non possa morire sbranato, ma comunque sta un bel passo avanti su tutti a buco di culo. 

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