178,00 euro, questa è la strisciata con carta della mia
ultima spesa in un supermercato,
un budget settimanale di duecento euro, sono stato bravo,
pensai.
Era un sabato.
La sera stessa davanti alla tv, c’era l’intervista a Brad
Pitt allo show televisivo di David
Letterman, l’attore americano camminava per Sunset Boulevard quando
venne aggredito da uno dei primi zombie contagiati, stava per morderlo, quando
la sua guardia del corpo glielo strappò di dosso, alla fine non riuscendo ad
immobilizzarlo, lo freddò in pieno centro a Los Angeles.
L’epidemia era agli inizi negli Stati Uniti, mentre in
Europa occidentale sostanzialmente non se ne avevano notizie ufficiali.
Il mondo aveva capito che in Cecenia succedeva qualcosa di
strano, ma tra qualcosa di strano e una infezione zombie ce ne passano di cose,
quindi quando la Duma
sentenziò la chiusura di tutte le frontiere cecene, dopo averne preso possesso,
tutti pensammo ad una guerra contro i terroristi.
Le poche immagini che arrivavano da quella parte di mondo
erano quelle di attentati terroristici di repertorio, il web era bloccato, ma
ricordo perfettamente lo sguardo di uno Speznatz, su un carro che avanzava, in
una ripresa effettuata da una videocamera amatoriale e postata una paio di
giorni prima che internet venisse censurata.
Aveva negli occhi il terrore, lo ricordo perché avevo avuto
occasione di vedere i soldati russi durante il mio servizio militare in Kosovo.
Sono uomini forgiati a fatica, sudore, sangue e wodka, il
più delle volte arrivano da paesi così sperduti che non sono segnalati da
nessuna carta, uomini per i quali fare la guerra è un modo come un altro per
soffrire un po’ meno.
Gli occhi di quel giovane catturati per pochi istanti mi
trasmisero un terrore che ancora porto dentro.
Qualcosa di ancestrale si accese in me dopo quel fotogramma,
all’epoca non ne capivo il motivo, la mia ansia quotidiana dovuta a fattori
lavorativi e curata con il Lexothan e il Prozac, venne sostituita da una soglia
di attenzione molto alta, sparirono i miei attacchi di panico.
I pochi scienziati e medici in vita, la chiamano oggi C.R.E.
capacità reazione emotiva. Una sorta di sesto senso primordiale, lo stesso che
nei periodi prebellici salvò persone da incidenti aerei e ferroviari,
impedendogli di salire a bordo all’ultimo momento.
Quattro giorni dopo quel sabato, New York era caduta.
“L’attacco primo” il ground zero del contagio si verificò
durante una partita al Madison Square Garden, così cadde Manhattan, poi Harlem,
il Bronx, il Village, Soho, il Queens, la zona della City e tutto il mondo
guardò in diretta alla CNN la fine di tutto, dalle dirette di una decina di
elicotteri i quali, invece di tentare qualche salvataggio, si limitavano a
documentare.
Il sabato successivo mi recai al supermercato che era stato
abbandonato in fretta e furia, le casse erano deserte e un senso di angoscia mi
pervase prima di entrare.
Ci crediate o no, fu più forte l’angoscia di tornare a casa
senza pannolini e dover sopportare mia moglie che mi spinse ad entrare, (il suo
istinto materno di protezione nel tempo però mi ha trasmesso quella capacità di
resistenza che oggi mi permette di scrivere, mi ripete che io non posso morire,
tutto il mondo può morire, ma io non mi devo azzardare a morire, ci sono i
bambini) mi diressi subito verso il reparto bambini in un silenzio rotto solo
dalla radio in filo diffusione che trasmetteva probabilmente una play list in
memoria.
Vidi alla fine del corridoio un essere orrendo fissarmi,
aveva gli occhi tra il rosso e il nero ed era completamente sporco di sangue,
emise un qualcosa a metà tra un suono e un rumore spaventoso e cominciò a
corrermi addosso.
Indietreggiai terrorizzato, e cominciai a fuggire.
Imparai la lezione numero uno: non esistono regole,
sfruttare le potenzialità in ognuno di noi, non essendo un atleta e pesando ben
oltre il quintale, correre era inutile.
Mi fermai e dopo essermi guardato intorno, non trovando
alcun corpo contundente, decisi la contro mossa (non sapevo ancora che
l’infezione si trasmetteva con la saliva altrimenti non lo avrei fatto).
Cominciai anche io a correre contro lo zombie e quando gli
fui ad un metro, mentre tutti e due ci venivamo incontro, mi accucciai e lo
placcai violentemente.
Un attimo dopo eravamo a terra, lui sotto io sopra.
Provò a mordermi un paio di volte, ma evidentemente al primo
pugno gli distrussi qualcosa di quella merda che chiamano cervello.
Così continuai a colpirlo.
Mi fermai ed ero ancora sopra di lui.
Avvertii un rumore proprio dietro di me, alzai la testa e
capii di essere fottuto.
Sei zombie mi guardavano famelici, mi guardai davanti, altri
due davanti a me, erano quattro ex inservienti del supermercato e quattro
clienti immagino.
Oltre la soglia del terrore accadono cose strane nel corpo
umano che oggi conosco, i miei tessuti si rilassarono e mi cagai sotto,
contestualmente un rivolo caldo mi scese nei pantaloni e così mi pisciai addosso,
capisco che tutto questo non è da eroi e avreste voluto leggere cose diverse,
ma fu così che andò.
Oggi so che è un atteggiamento naturale, nel senso che ogni
specie vivente, dalle scimmie ai lupi, durante la fuga o la caccia
istintivamente vomitano, pisciano e si cagano sotto per essere più leggeri e
più veloci.
Ma nel periodo pre bellico ci si riempiva la bocca con
parole tipo coraggio e codardia, che nulla hanno a che fare con la sopravvivenza
e i suoi istinti, ma chi poteva saperlo.
Il mio corpo stava reagendo, sentivo che dovevo tentare una
fuga ma non avevo vie.
Ad un passo dalla morte vidi tre zombie caricarmi quando,
ormai completamente sporco di sangue e merda, mi ero alzato, ero pronto a
morire. Questo posso dirlo.
Bang, bang,
bang, bang, bang.
Quattro colpi esplosero nel supermercato e i tre zombie
caddero a pochi centimetri da me, sul fondo della corsia vidi mio fratello e
Filippo.
Le altre teste marce li caricarono, e per loro fu una
pessima scelta.
Erano tutti e due armati e incazzati.
- Ci ha mandato tua moglie, che non ti vedeva tornare - furono
le loro prime parole.
Mi salvò l’amore di mia moglie, è la versione romantica che
racconta lei.
Ma io, Filippo e Danilo sappiamo che a salvarmi fu la sua
ansia da pannolino.
Ma non diteglielo.
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