Oggi la cittadella è un posto che in epoca prebellica non
sarebbe potuta esistere, le cose sono fatte per durare, non per finire ed
essere ricomprate. Le lampadine sono di quelle a basso consumo che durano un’infinità,
da quando siamo qui ne abbiamo sostituite soltanto tre in tutto il paese, e le
abbiamo sostituite è perché i bambini giocando a calcio le hanno distrutte
(certe cose non cambiano mai).
Tutto è funzionale, l’asilo, il market interno e quello
esterno, i medici oltre ad avere un presidio fisso, una sorta di ospedale,
vengono a casa alla prima chiamata, non siamo una comune dove mangiamo tutti
insieme, no, nulla di tutto questo, siamo una collettività, senza volerlo
abbiamo creato un sistema ad anelli, per tenerci saldi e sopravvivere abbiamo
bisogno ognuno dell’altro, anche quando la catena è tesa, non si spezza mai.
In questi giorni non ho aggiornato il diario, perché sono
stato molto impegnato, un gruppo di fucilieri della V armata ci ha raggiunto
con un dispaccio “intermondo”. Ci sono molte forze che si stanno concentrando
su Roma, per liberarla definitivamente, la città è quasi completamente
circondata, i sette colli e le zone limitrofe sono già coperte e protette, la
manovra sarà a tamburo, immaginate la città, e mentre tutti contengono, un fronte
affonda, entra, stermina e poi esce, quando è fuori, un altro fronte avanza,
stermina e esce e così via fino ad entrare in profondità, scendere nelle
fognature e stanare fino all’ultimo uomo (zombie).
L’idea è che Roma diventerà il primo punto libero europeo,
come Gerusalemme lo è stato per il medio oriente.
Come Tucson lo è stato per gli Stati Uniti. In teoria alla
fine della storia, Roma per l’ennesima volta, se tutto dovesse andare bene,
sarà la nuova culla della civiltà europea. Le forze in campo sono intorno ai
centomila, forse più uomini, molti dei quali tra i migliori rimasti nel mondo.
Un paio di reparti della Legione Stranier, che allo scoppio
dell’epidemia rimasero isolati in Ciad senza poter far nulla, spetnaz russi,
anche loro isolati in una remota zona della Cecenia prebellica, quasi tutto il
reparto dei Gurka nepalesi, che sono considerati da sempre i migliori soldati
al mondo, gran parte dei paracadutisti italiani, che quando la scala di comando
è caduta, si sono asserragliati tra le mura della caserma e hanno resistito.
Due reparti di messicani, anche loro salvi non si sa come,
visto cosa accadde in tutto il Messico, che venne letteralmente raso al suolo
dagli zombie, e argentini della Patagonia, o meglio, loro sono stati i più
svegli, quando hanno visto come buttava il mondo, in un gruppo numerosissimo si
sono rifugiati in una delle zone più inaccessibili e remote del mondo, la Patagonia.
Brasiliani e cubani ci saranno ma in un piccolo numero,
perché ogni operazione che viene compiuta si considera deve essere portata a
termine ognuno con le proprie forze, comprese le vivande.
Quindi quando ci si muove, tutto deve essere veramente fatto
nel migliore dei modi.
La cosa buffa è che prima
della guerra la benzina e i carburanti avevano prezzi mai raggiunti.
Eravamo sette miliardi, oggi l’ultimo dispaccio parla di
poche decine di milioni di abitanti sulla terra, e con i soli carburanti in
ogni pompa di benzina e raffineria nel mondo, con un conteggio approssimativo,
i nostri nipoti avranno ancora tanta di quella benzina da potercisi fare il
bagno. Nei prossimi giorni anche noi partiremo e forse un domani se lo vorremo,
potremo tornare a vivere a Roma.
I tecnici israeliani hanno già portato i loro ingegneri che
stanno studiando le nuove autostrade con gli alti muri modello Israele, insomma
c’è molto entusiasmo per quello che sta accadendo.
Io sono a metà tra l’entusiasmo e il gelo interiore.
Siamo pronti ad andarci a riprendere il mondo come era
prima, la nostra casa e magari un domani le nostre vecchie abitudini. Ma è
quello che vogliamo?
È stato un attimo, ma il pensiero mi è andato proprio lì, è
mancato di rispetto a tutte le persone morte, in questa pandemia.
È stata veramente una tragedia questa epidemia?
Voglio veramente tornare alle vecchie abitudini, o quello
che abbiamo costruito è meglio, anche nelle sue difficoltà, di quello che
abbiamo perso?
Non sono l’unico ad aver avuto questo pensiero, lo so, lo
leggo negli occhi di Filippo, di Vincenzo e soprattutto di mia moglie.
Lei non dice niente al momento, lei sa che partirò.
Lei sa che quello che vado a fare è giusto.
L’emozione di tornare nei luoghi dove siamo nati e
cresciuti, tutto bellissimo.
Ma... qualcosa nei suoi occhi… non è così convinta.
Nei prossimi giorni libereremo Roma, ne sono certo.
Ve lo racconterò…
(intanto proprio ieri uno degli uomini della V armata ci ha
raccontato uno strano episodio, uno zombie osservato da lui dentro un
ristorante deserto e abbandonato da anni, passava un bicchiere sotto il
rubinetto dell’acqua, ovviamente non aveva avuto l’istinto di aprirlo, e farla
scorrere, ma il fatto stesso che abbia provato il gesto vuol dire due cose… o
il caso… o una memoria sta tornando in questi cosi).io mio fratello e Filippo, quando ce lo ha raccontato, ci siamo guardati in silenzio.
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