sabato 24 marzo 2012

conquistiamo Roma


Oggi la cittadella è un posto che in epoca prebellica non sarebbe potuta esistere, le cose sono fatte per durare, non per finire ed essere ricomprate. Le lampadine sono di quelle a basso consumo che durano un’infinità, da quando siamo qui ne abbiamo sostituite soltanto tre in tutto il paese, e le abbiamo sostituite è perché i bambini giocando a calcio le hanno distrutte (certe cose non cambiano mai).
Tutto è funzionale, l’asilo, il market interno e quello esterno, i medici oltre ad avere un presidio fisso, una sorta di ospedale, vengono a casa alla prima chiamata, non siamo una comune dove mangiamo tutti insieme, no, nulla di tutto questo, siamo una collettività, senza volerlo abbiamo creato un sistema ad anelli, per tenerci saldi e sopravvivere abbiamo bisogno ognuno dell’altro, anche quando la catena è tesa, non si spezza mai.
In questi giorni non ho aggiornato il diario, perché sono stato molto impegnato, un gruppo di fucilieri della V armata ci ha raggiunto con un dispaccio “intermondo”. Ci sono molte forze che si stanno concentrando su Roma, per liberarla definitivamente, la città è quasi completamente circondata, i sette colli e le zone limitrofe sono già coperte e protette, la manovra sarà a tamburo, immaginate la città, e mentre tutti contengono, un fronte affonda, entra, stermina e poi esce, quando è fuori, un altro fronte avanza, stermina e esce e così via fino ad entrare in profondità, scendere nelle fognature e stanare fino all’ultimo uomo (zombie).
L’idea è che Roma diventerà il primo punto libero europeo, come Gerusalemme lo è stato per il medio oriente.
Come Tucson lo è stato per gli Stati Uniti. In teoria alla fine della storia, Roma per l’ennesima volta, se tutto dovesse andare bene, sarà la nuova culla della civiltà europea. Le forze in campo sono intorno ai centomila, forse più uomini, molti dei quali tra i migliori rimasti nel mondo.
Un paio di reparti della Legione Stranier, che allo scoppio dell’epidemia rimasero isolati in Ciad senza poter far nulla, spetnaz russi, anche loro isolati in una remota zona della Cecenia prebellica, quasi tutto il reparto dei Gurka nepalesi, che sono considerati da sempre i migliori soldati al mondo, gran parte dei paracadutisti italiani, che quando la scala di comando è caduta, si sono asserragliati tra le mura della caserma e hanno resistito.
Due reparti di messicani, anche loro salvi non si sa come, visto cosa accadde in tutto il Messico, che venne letteralmente raso al suolo dagli zombie, e argentini della Patagonia, o meglio, loro sono stati i più svegli, quando hanno visto come buttava il mondo, in un gruppo numerosissimo si sono rifugiati in una delle zone più inaccessibili e remote del mondo, la Patagonia.
Brasiliani e cubani ci saranno ma in un piccolo numero, perché ogni operazione che viene compiuta si considera deve essere portata a termine ognuno con le proprie forze, comprese le vivande.
Quindi quando ci si muove, tutto deve essere veramente fatto nel migliore dei modi.
La cosa buffa è che prima  della guerra la benzina e i carburanti avevano prezzi mai raggiunti.
Eravamo sette miliardi, oggi l’ultimo dispaccio parla di poche decine di milioni di abitanti sulla terra, e con i soli carburanti in ogni pompa di benzina e raffineria nel mondo, con un conteggio approssimativo, i nostri nipoti avranno ancora tanta di quella benzina da potercisi fare il bagno. Nei prossimi giorni anche noi partiremo e forse un domani se lo vorremo, potremo tornare a vivere a Roma.
I tecnici israeliani hanno già portato i loro ingegneri che stanno studiando le nuove autostrade con gli alti muri modello Israele, insomma c’è molto entusiasmo per quello che sta accadendo.
Io sono a metà tra l’entusiasmo e il gelo interiore.
Siamo pronti ad andarci a riprendere il mondo come era prima, la nostra casa e magari un domani le nostre vecchie abitudini. Ma è quello che vogliamo?
È stato un attimo, ma il pensiero mi è andato proprio lì, è mancato di rispetto a tutte le persone morte, in questa pandemia.
È stata veramente una tragedia questa epidemia?
Voglio veramente tornare alle vecchie abitudini, o quello che abbiamo costruito è meglio, anche nelle sue difficoltà, di quello che abbiamo perso?
Non sono l’unico ad aver avuto questo pensiero, lo so, lo leggo negli occhi di Filippo, di Vincenzo e soprattutto di mia moglie.
Lei non dice niente al momento, lei sa che partirò.
Lei sa che quello che vado a fare è giusto.
L’emozione di tornare nei luoghi dove siamo nati e cresciuti, tutto bellissimo.
Ma... qualcosa nei suoi occhi… non è così convinta.
Nei prossimi giorni libereremo Roma, ne sono certo.
Ve lo racconterò…
(intanto proprio ieri uno degli uomini della V armata ci ha raccontato uno strano episodio, uno zombie osservato da lui dentro un ristorante deserto e abbandonato da anni, passava un bicchiere sotto il rubinetto dell’acqua, ovviamente non aveva avuto l’istinto di aprirlo, e farla scorrere, ma il fatto stesso che abbia provato il gesto vuol dire due cose… o il caso… o una memoria sta tornando in questi cosi).io mio fratello e Filippo, quando ce lo ha raccontato, ci siamo guardati in silenzio.

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