martedì 17 aprile 2012

verso Roma.


Non avrei mai pensato un qualcosa di simile, un assembramento di forze simili.
Quando sono arrivato, nel campo dei Gurka inglesi insieme alla V armata, ho avuto la certezza che tante o poche le perdite che avremo, ci riprenderemo il nostro mondo.
Loro sono solo ospiti non graditi.
Siamo alloggiati all’aeroporto di Fiumicino con le truppe di mezzo mondo.
Ma chi aveva mai sentito dell’imbuto? Una cazzo di idea geniale, si tratta di una struttura enorme in acciaio e di semplicissima concezione, gli zombie entrano dentro attirati da un esca e la struttura metro dopo metro si restringe. Fino a permettere il passaggio di uno zombie per volta, lungo come un campo di calcio largo all’imbocco come due si stringe fino a diventare lo spazio di una porticina.
Né più né meno di quanto fecero gli Spartani alle Termopili.
L’idea è venuta ad un macellaio che era stato aggredito dentro un mattatoio da un gruppo di zombie allo scoppio dell’epidemia, così lo inseguirono nello stabilimento fino a dove venivamo abbattute le bestie con un colpo in testa, alla fine di un lungo corridoio.
Un genio cazzo.
Quel macellaio è quello scoppiato incazzoso, asociale di mio fratello, quando nei primi giorni dell’epidemia me lo aveva detto, lo avevo preso in giro, intanto lui aveva mandato la sua idea ad una staffetta al comando difesa bellico zombie.
Come è piccolo il mondo.
Lo hanno preso sul serio e un domani la sua idea sarà nei libri di scuola e magari porterà il suo nome “Imbuto Danilo”.
Stiamo liberando il mondo dagli zombie con l’idea di uno psicopatico.
Geniale ma psicopatico.
Lo vedo che se la cammina in giro per l’aeroporto con la sua ascia bipenne tutto orgoglioso, controlla i fabbri che saldano gli enormi pezzi che da domani cominceranno a montare alle porte di Roma.
La prima zona prevista è dopo la galleria del cimitero di Prima Porta, ovviamente saranno montati molti pezzi in meno per adattarlo alla strada che non è poi così grande, ma è un ottimo primo punto di approccio, ci basterà bloccare le rampe di accesso e la strada durante il montaggio e poi una volta montato l’imbuto Danilo, liberemo le barriere.
Altro fattore importante è che con questo metodo se da una parte si impiega molto più tempo, dall’altra si avrà quanto meno un’idea di quanti zombie ci sgobberemo.
Ci sono delle persone predisposte al conteggio, appena fuori l’imbuto.
L’unica nota dolente è che sempre per il montaggio il colpo in testa dovrà essere il più preciso possibile, perché una volta colpito lo zombie, questo dovrà poi cadere nel vuoto della strada circostante, proprio sotto di noi.
Infatti tra i problemi dell’imbuto Danilo, c’è la massa di corpi che si accalcheranno, in questo caso ne dovremo fare una montagna vera e propria di almeno venti metri in altezza.
Un colpo in testa, e sotto un reparto di gurka (corpi speciali nepalesi) li finirà con un altro colpo.
Almeno fino a quando la montagna di cadaveri non sarà troppo alta.
Insomma avremo un bel da fare.
Continuano ad atterrare C130 e aerei da trasposto in genere, con unità raccolte in giro ovunque, brasiliani, argentini, russi, giapponesi, africani e truppe americani e canadesi, cazzo i canadesi, sono tantissimi, le temperature rigide li hanno aiutati.
Molti portano con sé il manuale di sopravvivenza Zombie di Max Brooks, e ancora il suo “attacchi documentati nella storia”.
Ovviamente la bibbia è World War Z.
Quando il figlio di Mel Brooks scriveva questi libri qualcuno lo prendeva in giro.
Fatelo ora.
Cazzoni.

giovedì 12 aprile 2012

cani e zombie


I protagonisti indiscussi della guerra mondiale contro gli zombie, sono stati i cani,i primi ad essere impiegati furono quelli della k9 americana, la storica unità di addestramento cinofilo nord americana. Poi fu il momento dei nucleo cinofili nel resto del mondo,loro scoprivano l’epidemia, ma c’era un paio di problemi, belli pesi.
Il primo era che se non stavi attento, quando annusavano uno zombie, tanto andavano in aggressività che anche il più addestrato dei cani, mordeva il proprio conduttore o chiunque gli fosse vicino, se era al guinzaglio e quindi impossibilitato ad andare contro il mostro, il secondo problema non da meno è che i cani, hanno una bocca, gli zombie, anche ma oltre a quella hanno anche due mani. Quindi in uno scontro “uno zombie un cane” non sempre ne viene fuori il cane, primo motivo, il cane se ferito gravemente muore, lo zombie no, secondo motivo, gli zombie raramente girano soli.
Inevitabile che l’uomo abbia cominciato a selezionare cani per i nuovi compiti che li aspettavano, quando poi il governo di resistenza mondiale ha imposto la “4 legge bis” che impone almeno un cane addestrato per ogni unità abitativa , la questione si è fatta seria.
Cosi si è cominciato a lavorare cani, seriamente.
Cominciamo con il dire, che si è puntato sui cani da “utilità e difesa” proprio quelle razze che erano state soppiantate dai più docili cani da compagnia come Labrador e Golden.
I cani delle buone maniere e delle pubblicità, stringi stringi, non servivano più ad un cazzo.
In questo gruppo c’è poi stata una ulteriore scrematura e si è puntato su cani da pastore Tedesco Pastore Belga Malinois Dobermann e comunque cani predisposti oltre alla difesa, soprattutto alla guardia, per intenderci quelli che volgarmente vengono definiti abbaioni..
I tanti odiati cani di un tempo quelli che ti svegliavano nel bel mezzo del riposino quotidiano o della notte perché magari vedevano un gatto e cominciavano ad abbaiare.
Quella particolarità di vocalizzare per ogni allarme, ora è una qualità, ed è meglio essere svegliati nel cuore della notte da un cane rompicoglioni che essere sbranati da uno zombie (questo è garantito cazzo! NO?)
Le razzi più silenziose come Rottweiler, Boxer, o Molossoidi o bovari in genere, vanno bene, ma è meglio che siano “secondi” cani, possibilmente maschi e che la femmina sia di una razza abbaiona.
Insomma uno abbaia e sveglia tutti mentre l’altro intrattiene lo zombie a colpi di braccia strappate a furia di morsi, perché con l’addestramento, non ci andiamo leggeri, è brutto a dirsi, ma è quello che facciamo, nei cani giovani leghiamo uno zombie ad un palo e insegniamo al cane le fasi di ricerca e attacco.
Li facciamo letteralmente sbranare. (non rompete i coglioni con la morale per le bestie e per i zombie con storie del tipo maltrattamenti e mancanza di umanità,tutte cose giuste, in un mondo giusto,ma questo non è più un mondo giusto.(o forse è tornato ad esserlo)
Quando il cucciolone è cresciuto, le fasi di attacco si fanno più complicate, il cane deve imparare in caso di necessità a far cadere il rotto in culo, e poi strappargli la gola e la testa a morsi.
Nei primi mesi dell’infezione tutto era più difficile, ora che i tessuti dei zombie sono provati dal tempo, le teste vengono via più facilmente.
Cosi alla fine il cane vince anche un ossetto da rosicchiare nella sua cuccia.
Il mio cane personale è un pastore belga Malinois o Malin , è un cacciatore, morde come un bastardo.
Si chiama crock, è un diminutivo affettuoso di coccodrillo.
In questi giorni ho finito il suo addestramento, ma non credo lo porterò con me all’invasione di Roma, ancora una settimana e poi molti di noi si aggregheranno alla v armata per la riconquista della capitale, faremo milioni di morti, ma l’unica cosa che veramente mi mette paura, sono i nidi degli zombie che si trovano in profondità, si dice ce ne siano a migliaia nei tunnel della metropolitana..spero di non finirci dentro..
Mia moglie non sarebbe contenta..
Non volevo parlarne della prossima invasione di Roma, tra di noi tutti, c’è un silenzio tombale sappiamo a cosa andiamo incontro e soprattutto sappiamo che dopo questo cambierà tutto, applicheremo il modello Israeliano costruiremo mura alte intorno alla città e nei prossimi anni torneremo alla normalità o qualcosa che ci si avvicina, o almeno qualcosa che la ricorda.
I nostri figli cresceranno in un mondo dove gli zombie non fanno paura perché loro ci sono cresciuti e non sanno cosa significa un mondo senza.
Sapranno di dover aver più o meno degli accorgimenti che si aggiungeranno a quelli che ragazzi della loro età dovranno avere e un giorno forse non avranno neanche più i segni di questa epidemia, come quelli della mia generazione che non portano la cicatrice del virus per il vaiolo, mentre i nostri genitori si.
Belle le mie riflessioni vero?
Sto cazzo.! Questo non è non sarà mai ricordato come un cazzo di vaiolo! Questi sono morti che si risvegliano e cercano di sbranarti, fino a che non sarà morto l’ultimo figlio di puttana, non mi darò pace.
A costo di andare a prendere l’ultimo infetto in uno sperduto paese del cazzo nel bel mezzo della Cina rurale
Poi penseremo a quelli che vivono in fondo al mare e che si stanno mangiando tutti i pesci.
Maledetti famelici mostri rotti in culo, l’uomo ha costruito il suo diritto di vivere sulla terra in milioni di anni di selezione naturale della specie, non ci faremmo sterminare da un virus del cazzo, non ho ancora cosi tanta merda nella testa da darmi per vinto.
Magari non troveremo mai la cura, ma certo stermineremo il virus.
Vaffanculo.
Prendiamoci Roma.cazzo.

mercoledì 11 aprile 2012

chi è morto ?


Tra le vittime, vorrei poter dire che ci furono solo gli infetti o gli sbranati, non è cosi.
Nella guerra mondiale contro gli zombie a perire furono anche altre persone incapaci di reagire, sopraffatte da uno stato d’animo perso.
Molti quelli che si immedesimarono talmente tanto nell’infezione che li vedevi camminare come fossero infetti e così non era, si muovevano come loro e provavano ad emettere i loro stessi suoni quando si trovavano a contatto con i “sani”.
Ovviamente questi venivano uccisi sia dai sani che dagli infetti, i sani conoscevano la loro natura il più delle volte (non sempre) ma sapevano che comunque erano molto pericolosi, si avventavano sui non infetti come fossero dei mostri e cercavano di morderli, anche se questo non trasmetteva l’infezione, non era gradevole essere morsi da qualcuno, mentre gli zombie veri, non ci cadevano e non ci cadono, hanno un qualcosa che gli fa avvertire il sangue non infetto, forse l’odore.
Poi ci furono quelli che morirono per mancanza di cure, per mancanza di medici e quelli che si lasciarono semplicemente morire di inedia.
Una mattina semplicemente non si svegliavano più, come accade spesso nelle guerre, quelli che si lasciano vincere dalla paura, quando supera la soglia del terrore e diventa qualcosa di peggio, una “non voglia di vivere”.
Una totale mancanza di motivazione, soprattutto negli adulti che perdevano tutti i familiari, figli e compagni compresi e non avevano più un motivo per combattere, per vivere.
La depressione cronica fece tanti morti, non quanto l’infezione stessa, ma comunque neanche molto meno, poi ci furono i morti per fame, per sete, per freddo, per paura, le vittime dei branchi di cani randagi.
Quelli che si buttarono in acqua per fuggire agli zombie e morirono annegati.
Ma naturalmente i primi a morire furono i malati, quelli negli ospedali, anche quelli chiusi in coma sotto chiave, o nei reparti infettivi.
Ogni centro ambulatoriale fu un nuovo focolaio dove esplose l’epidemia, quando i morti cominciarono a risvegliarsi erano quasi tutti nei pronto soccorso o negli obitori, così tutto l’ospedale diveniva sotto assedio.
Noi abbiamo salvato un paio di persone dentro l’ospedale San Pietro che erano chiuse nel reparto rianimazione da un paio d’anni, si sono svegliate dal coma, neanche loro sanno come e, terrorizzate, si stavano lasciando morire di stenti, riuscivano a nutrirsi con le sacche per le flebo bevendole e, dopo aver visto cosa accadeva fuori, avevano deciso di non uscire dal reparto.
Quando le abbiamo trovate pesavano ventinove kg una e trenta kg l’altra. Entrambe alte tra il metro e ottanta e il metro e ottantacinque.
Ora stanno bene e vivono con noi.
La percentuale di quelli che si sono salvati invece pende incredibilmente in favore dei bambini dai dieci anni in su, questi si sono trovati tra loro e hanno fatto banda. È da loro che il mondo ha imparato la tecnica dell’esca per distrarre gli zombie.
Si arrampicano come scimmiette e si buttano in condotti sotterranei strettissimi, si nutrono con pochissimo e quel pochissimo lo prendono dove trovano, radici, scatolame non scaduto, selvaggina scampata alle orde zombie
Insomma è come se in pochissimo tempo avessero disimparato la playstation, le consolle, il bullismo e si siano perfettamente (o quasi) adattati alla nuova vita.
Per il resto sono e restano bambini, non si lavano e giocano tra loro.
Sarà molto difficile reinserirli in un contesto civile quando tutto questo sarà finito.

domenica 8 aprile 2012

tecniche di lotta a mani nude contro gli zombie il "Juzo"


Il “juzo” è una tecnica di combattimento inventata da noi, questa è la migliore difesa corpo a corpo in caso di una aggressione zombie, noi abbiamo il nostro massimo esponente in Alessandro, l’ex impiegato di banca sopravvissuto nel nostro gruppo fino a questo momento.
È un sistema di lotta completamente diverso da quelli fino conosciuti in epoca prebellica, è volto a finalizzare il mostro, evitando il contatto con la bocca.
Le azioni principali, sono la spazzata volta a far perdere l’equilibrio al mostro per farlo cadere  e poi finirlo con un dei calci dietro la testa, o lo spezzare il ginocchio con un calcio di piatto per farlo cadere.
Il suono emesso da un osso quando si rompe è molto simile al rumore emesso da una pistola automatica quando si lascia andare il carrello.
Uno “stock” quasi metallico.
Poi ci sono le proiezioni usate nello judo, si lascia arrivare lo zombie a circa un metro, poi ci si sposta lateralmente facendo perno prima su un piede, poi su un altro e si interviene successivamente con una serie di potenti pugni dietro la schiena a spezzargli la colonna vertebrale, che è quasi sempre fragile nei mostri, in genere al secondo o terzo pugno assestato bene, l’essere cade dinoccolato a terra e lo si finisce con un calcio proprio dietro la nuca, meglio se a martello.
Meglio ancora raccogliendo un corpo contundente da terra di peso variabile, ovviamente deve comunque raddoppiare nei kg, il peso di un cranio per essere efficace o una forma ficcante per penetrare nella testa.
Il Juzo comprende varie cinture, la nera è il massimo ed insegna a sopravvivere a squadre di bambini zombie, che sono i peggiori da affrontare, e per una questione morale e per una questione di altezza, questi infatti essendo circa la metà di un uomo adulto sono più difficili da fermare, ma vorrei non soffermarmi su questo.
Sono dei bambini zombie, ma sempre bambini, e sono molti i casi in cui uomini e donne si sono lasciati trasportare dal sentimento e hanno preferito farsi mordere, contagiare e sbranare,piuttosto che alzare un dito su di loro.
Probabilmente non è un caso che il paziente zero dell’epidemia, sia stato individuato proprio in un bambino in Cina.
il juzo prevede ovviamente anche l’uso di armi di fortuna, nei test e nei passaggi di cintura infatti, non è raro, mettere un uomo nelle condizioni di dover scegliere, Nei test per il passaggio di cintura, che  si svolgono all’interno di un rudere recintato nella cittadella, dove all’interno mettiamo un paio di zombie, consumati, tra i primi infetti, tanto per rendere l’idea. Nella situazione mettiamo più possibilità, come ad esempio un albero dal quale strappare un ramo, una pistola, con il rischio che però sia scarica e cosi via, insomma mettiamo la persona nelle condizioni di scegliere la soluzione più veloce ed efficace per finalizzare i zombie.
Alessandro in questi giorni, sta studiando il Savate che è una disciplina sportiva francese per mezzo di libri che abbiamo trovato in questi mesi, e capire se è possibile applicare questa tecnica, soprattutto nella parte dei calci tirati a distanza.
Mentre lui si occupa di questo, io sono l’addetto all’addestramento cani anti zombie..

venerdì 6 aprile 2012

i "mezzi" morti


Sferzava un gelido vento da est, direttamente dai Balcani, aria fredda sparata in viso dopo essersi infilata tra le colline dalla val Nerina, nella vita prebellica probabilmente sarebbe stata classificata come una perturbazione di origine Siberiana.
Cazzo che freddo, io e Filippo eravamo di ronda, quella notte, eravamo arrivati alla cittadella solo qualche giorno prima e ogni turno di lavoro era estenuante, anche i nuovi profughi che a mano a mano arrivavano, disponevano di poche ore per rifocillarsi, poi o erano dentro a lavoro o erano fuori.
Con noi o senza di noi.
La mattina eravamo stati impegnati nella fortificazione dei muri, il pomeriggio avevamo riposato e la sera dovevamo spingerci oltre le colline per andare a cercare dei campi da coltivare.
In quel momento avevamo trovato acqua potabile in abbondanza, legna da ardere a volontà grazie al bosco e selvaggina.
Avevamo un disperato bisogno di campi da coltivare, ma se tanto eravamo protetti tra quelle colline anguste, tanto eravamo distanti dalla possibilità di coltivare un terreno cosiddetto in crosta (con una superficie scoscesa).
Avevamo le armi, avevamo le radio, avevamo le torce e non ci mancava il coraggio, così dopo un paio di giri di ronda intorno alla cittadella, dove per altro passammo a salutare le sentinelle preposte ai buchi ancora scoperti del muro, e le vedette più lontane, quelle ai segnalatori che erano grossi falò che sarebbero stati accesi in caso di pericolo, superammo il perimetro da noi controllato per spingerci verso le incognite del mondo zombie.
L’inverno aiutava, visto che i mostri si irrigidivano e si muovevano  in modo ancora più lento, quando le temperature poi scendevano sotto gli zero gradi, si congelavano completamente, riuscivano a muovere solo gli occhi, neri e pieni di vene esplose di sangue ormai pesto o rappreso.
E’ per questo che i territori del nord furono i primi ad essere liberati.
La Val d’Aosta in particolare era ormai praticamente uno stato indipendente.
Che poi alla fine, quando mai non lo fu.
Salimmo sulla collina est avendo sempre il vento freddo sul viso, le orecchie  non le sentivamo più e faticosamente riuscimmo a scollinare, sotto di noi si aprì un’ampia radura e una distesa di campi che fino a poco prima erano coltivati.
Eravamo felici, così, illuminati con la torcia, ci facemmo strada, Filippo davanti e io dietro di qualche metro, circa sette, come ogni ronda militare prevede, sette metri è la distanza che può mettere in difficoltà un cecchino in guerra quando deve uccidere, così se cade uno l’altro può reagire per tempo intuendo da dove arriva il colpo. Con gli zombie serve a poco, ma visto che il militare l’ho fatto quando gli zombie erano solo quelli nei film, ci accontentammo delle conoscenze prebelliche nella guerra mondiale degli zombie.
L’erba era cresciuta parecchio tra colture e sterpaglie, forse un metro e più, ma il vento l’aveva abbassata a ad una decina di centimetri dalle nostre ginocchia sentimmo il rumore di acqua che scorre e così ci spingemmo in profondità colpiti, travolti da un entusiasmo fanciullesco, acqua e campi in piano significavano vita!
Significava potersi veramente ricostruire una nuova vita in quello che era un nuovo mondo, fatto di regole nuove, di muri alti, di strade che sarebbero state costruite negli anni con muri molto alti su ambo i lati, la guerra aveva già cambiato aspetto, avevamo capito come difenderci dagli zombie, in qualche modo le precauzioni adottate avevano risposto bene e così la massa critica del genere umano era sensibilmente aumentata fino a spostare l’ago della bilancia, lentamente stavamo tornando in cima alla catena alimentare. Affondammo i passi nel buio, nel gelo, illuminando il cammino quando accanto a noi fece la sua comparsa un trattore con attaccata una trebbiatrice, la superammo aumentando il passo, quando dopo circa venti metri vidi Filippo accucciarsi, o meglio abbassarsi, sulle ginocchia.
Sapevo, avevo già capito, qualcosa non andava.
Una mano uscì dall’erba e mi agguantò la caviglia, il morso scattò qualche istante dopo.
Se non avessi avuto gli anfibi ora sarei morto o meglio sarei un morto non morto, perché Filippo non mi avrebbe mai ucciso prima di vedere la mia trasformazione.
Estrassi il mio martello pesante e gli schiacciai la testa, come fosse un brufolo.
Eravamo stati avventati e ingenui cazzo, quella volta ce la siamo vista molto brutta, e fu solo la fortuna se oggi lo raccontiamo, quel posto era stato un campo di battaglia tra l’uomo che guidava la trebbiatrice e gli zombie che, falciati, storpiati, tagliati a metà giacevano striscianti sotto di noi dal momento in cui avevamo messo i piedi nel campo.
Per il freddo e le loro condizioni forse non si erano svegliati fino a quel momento, ma ora erano svegli, e centinaia di zombie striscianti si muovevano verso di noi.
Non ce n’era uno dritto in piedi.
Facendo attenzione a dove mettevamo i piedi salimmo sul trattore e contattammo via radio la cittadella.
Arrivarono circa un ora dopo Alessandro, Pietro, Vincenzo, Simone, mio fratello e altri ragazzi del nostro gruppo.
La scena si presentava tragicomica quando arrivarono in nostro aiuto. Centinaia di mezzi mostri cercavano di salire sul trattore, mezzi congelati, calpestandosi uno con l’altro, in un macabro gioco del tetris, e quello che alzava più la testa gliela tagliavamo da sopra il trattore, con la spada di Filippo.
Il primo a cominciare la mattanza, fu Alessandro, il nostro samurai, ne uccise più di tutti.
Mio fratello cominciò a ridere e finì cinque minuti dopo.
A dire il vero tranne Simone, Vincenzo e Alessandro che erano in preda ad una furia omicida tutti quanti noi ridevamo illuminati dai fari che avevano portato.
D’altronde, in guerra è sempre stato il morale a fare la differenza, e se noi siamo sopravvissuti fino a questo momento il motivo è solo questo.
E come cantava un artista che amavamo tutti  prima che venisse divorato dalla sua guardia del corpo..
“E sorridere dei guai… senza perdersi d’animo mai… e pensare che domani sarà sempre meglio…”.

sabato 24 marzo 2012

conquistiamo Roma


Oggi la cittadella è un posto che in epoca prebellica non sarebbe potuta esistere, le cose sono fatte per durare, non per finire ed essere ricomprate. Le lampadine sono di quelle a basso consumo che durano un’infinità, da quando siamo qui ne abbiamo sostituite soltanto tre in tutto il paese, e le abbiamo sostituite è perché i bambini giocando a calcio le hanno distrutte (certe cose non cambiano mai).
Tutto è funzionale, l’asilo, il market interno e quello esterno, i medici oltre ad avere un presidio fisso, una sorta di ospedale, vengono a casa alla prima chiamata, non siamo una comune dove mangiamo tutti insieme, no, nulla di tutto questo, siamo una collettività, senza volerlo abbiamo creato un sistema ad anelli, per tenerci saldi e sopravvivere abbiamo bisogno ognuno dell’altro, anche quando la catena è tesa, non si spezza mai.
In questi giorni non ho aggiornato il diario, perché sono stato molto impegnato, un gruppo di fucilieri della V armata ci ha raggiunto con un dispaccio “intermondo”. Ci sono molte forze che si stanno concentrando su Roma, per liberarla definitivamente, la città è quasi completamente circondata, i sette colli e le zone limitrofe sono già coperte e protette, la manovra sarà a tamburo, immaginate la città, e mentre tutti contengono, un fronte affonda, entra, stermina e poi esce, quando è fuori, un altro fronte avanza, stermina e esce e così via fino ad entrare in profondità, scendere nelle fognature e stanare fino all’ultimo uomo (zombie).
L’idea è che Roma diventerà il primo punto libero europeo, come Gerusalemme lo è stato per il medio oriente.
Come Tucson lo è stato per gli Stati Uniti. In teoria alla fine della storia, Roma per l’ennesima volta, se tutto dovesse andare bene, sarà la nuova culla della civiltà europea. Le forze in campo sono intorno ai centomila, forse più uomini, molti dei quali tra i migliori rimasti nel mondo.
Un paio di reparti della Legione Stranier, che allo scoppio dell’epidemia rimasero isolati in Ciad senza poter far nulla, spetnaz russi, anche loro isolati in una remota zona della Cecenia prebellica, quasi tutto il reparto dei Gurka nepalesi, che sono considerati da sempre i migliori soldati al mondo, gran parte dei paracadutisti italiani, che quando la scala di comando è caduta, si sono asserragliati tra le mura della caserma e hanno resistito.
Due reparti di messicani, anche loro salvi non si sa come, visto cosa accadde in tutto il Messico, che venne letteralmente raso al suolo dagli zombie, e argentini della Patagonia, o meglio, loro sono stati i più svegli, quando hanno visto come buttava il mondo, in un gruppo numerosissimo si sono rifugiati in una delle zone più inaccessibili e remote del mondo, la Patagonia.
Brasiliani e cubani ci saranno ma in un piccolo numero, perché ogni operazione che viene compiuta si considera deve essere portata a termine ognuno con le proprie forze, comprese le vivande.
Quindi quando ci si muove, tutto deve essere veramente fatto nel migliore dei modi.
La cosa buffa è che prima  della guerra la benzina e i carburanti avevano prezzi mai raggiunti.
Eravamo sette miliardi, oggi l’ultimo dispaccio parla di poche decine di milioni di abitanti sulla terra, e con i soli carburanti in ogni pompa di benzina e raffineria nel mondo, con un conteggio approssimativo, i nostri nipoti avranno ancora tanta di quella benzina da potercisi fare il bagno. Nei prossimi giorni anche noi partiremo e forse un domani se lo vorremo, potremo tornare a vivere a Roma.
I tecnici israeliani hanno già portato i loro ingegneri che stanno studiando le nuove autostrade con gli alti muri modello Israele, insomma c’è molto entusiasmo per quello che sta accadendo.
Io sono a metà tra l’entusiasmo e il gelo interiore.
Siamo pronti ad andarci a riprendere il mondo come era prima, la nostra casa e magari un domani le nostre vecchie abitudini. Ma è quello che vogliamo?
È stato un attimo, ma il pensiero mi è andato proprio lì, è mancato di rispetto a tutte le persone morte, in questa pandemia.
È stata veramente una tragedia questa epidemia?
Voglio veramente tornare alle vecchie abitudini, o quello che abbiamo costruito è meglio, anche nelle sue difficoltà, di quello che abbiamo perso?
Non sono l’unico ad aver avuto questo pensiero, lo so, lo leggo negli occhi di Filippo, di Vincenzo e soprattutto di mia moglie.
Lei non dice niente al momento, lei sa che partirò.
Lei sa che quello che vado a fare è giusto.
L’emozione di tornare nei luoghi dove siamo nati e cresciuti, tutto bellissimo.
Ma... qualcosa nei suoi occhi… non è così convinta.
Nei prossimi giorni libereremo Roma, ne sono certo.
Ve lo racconterò…
(intanto proprio ieri uno degli uomini della V armata ci ha raccontato uno strano episodio, uno zombie osservato da lui dentro un ristorante deserto e abbandonato da anni, passava un bicchiere sotto il rubinetto dell’acqua, ovviamente non aveva avuto l’istinto di aprirlo, e farla scorrere, ma il fatto stesso che abbia provato il gesto vuol dire due cose… o il caso… o una memoria sta tornando in questi cosi).io mio fratello e Filippo, quando ce lo ha raccontato, ci siamo guardati in silenzio.

domenica 11 marzo 2012

l'ultima spesa prebellica.


178,00 euro, questa è la strisciata con carta della mia ultima spesa in un supermercato,
un budget settimanale di duecento euro, sono stato bravo, pensai.
Era un sabato.
La sera stessa davanti alla tv, c’era l’intervista a Brad Pitt allo show televisivo di David  Letterman, l’attore americano camminava per Sunset Boulevard quando venne aggredito da uno dei primi zombie contagiati, stava per morderlo, quando la sua guardia del corpo glielo strappò di dosso, alla fine non riuscendo ad immobilizzarlo, lo freddò in pieno centro a Los Angeles.
L’epidemia era agli inizi negli Stati Uniti, mentre in Europa occidentale sostanzialmente non se ne avevano notizie ufficiali.
Il mondo aveva capito che in Cecenia succedeva qualcosa di strano, ma tra qualcosa di strano e una infezione zombie ce ne passano di cose, quindi quando la Duma sentenziò la chiusura di tutte le frontiere cecene, dopo averne preso possesso, tutti pensammo ad una guerra contro i terroristi.
Le poche immagini che arrivavano da quella parte di mondo erano quelle di attentati terroristici di repertorio, il web era bloccato, ma ricordo perfettamente lo sguardo di uno Speznatz, su un carro che avanzava, in una ripresa effettuata da una videocamera amatoriale e postata una paio di giorni prima che internet venisse censurata.
Aveva negli occhi il terrore, lo ricordo perché avevo avuto occasione di vedere i soldati russi durante il mio servizio militare in Kosovo.
Sono uomini forgiati a fatica, sudore, sangue e wodka, il più delle volte arrivano da paesi così sperduti che non sono segnalati da nessuna carta, uomini per i quali fare la guerra è un modo come un altro per soffrire un po’ meno.
Gli occhi di quel giovane catturati per pochi istanti mi trasmisero un terrore che ancora porto dentro.
Qualcosa di ancestrale si accese in me dopo quel fotogramma, all’epoca non ne capivo il motivo, la mia ansia quotidiana dovuta a fattori lavorativi e curata con il Lexothan e il Prozac, venne sostituita da una soglia di attenzione molto alta, sparirono i miei attacchi di panico.
I pochi scienziati e medici in vita, la chiamano oggi C.R.E. capacità reazione emotiva. Una sorta di sesto senso primordiale, lo stesso che nei periodi prebellici salvò persone da incidenti aerei e ferroviari, impedendogli di salire a bordo all’ultimo momento.
Quattro giorni dopo quel sabato, New York era caduta.
“L’attacco primo” il ground zero del contagio si verificò durante una partita al Madison Square Garden, così cadde Manhattan, poi Harlem, il Bronx, il Village, Soho, il Queens, la zona della City e tutto il mondo guardò in diretta alla CNN la fine di tutto, dalle dirette di una decina di elicotteri i quali, invece di tentare qualche salvataggio, si limitavano a documentare.
Il sabato successivo mi recai al supermercato che era stato abbandonato in fretta e furia, le casse erano deserte e un senso di angoscia mi pervase prima di entrare.
Ci crediate o no, fu più forte l’angoscia di tornare a casa senza pannolini e dover sopportare mia moglie che mi spinse ad entrare, (il suo istinto materno di protezione nel tempo però mi ha trasmesso quella capacità di resistenza che oggi mi permette di scrivere, mi ripete che io non posso morire, tutto il mondo può morire, ma io non mi devo azzardare a morire, ci sono i bambini) mi diressi subito verso il reparto bambini in un silenzio rotto solo dalla radio in filo diffusione che trasmetteva probabilmente una play list in memoria.
Vidi alla fine del corridoio un essere orrendo fissarmi, aveva gli occhi tra il rosso e il nero ed era completamente sporco di sangue, emise un qualcosa a metà tra un suono e un rumore spaventoso e cominciò a corrermi addosso.
Indietreggiai terrorizzato, e cominciai a fuggire.
Imparai la lezione numero uno: non esistono regole, sfruttare le potenzialità in ognuno di noi, non essendo un atleta e pesando ben oltre il quintale, correre era inutile.
Mi fermai e dopo essermi guardato intorno, non trovando alcun corpo contundente, decisi la contro mossa (non sapevo ancora che l’infezione si trasmetteva con la saliva altrimenti non lo avrei fatto).
Cominciai anche io a correre contro lo zombie e quando gli fui ad un metro, mentre tutti e due ci venivamo incontro, mi accucciai e lo placcai violentemente.
Un attimo dopo eravamo a terra, lui sotto io sopra.
Provò a mordermi un paio di volte, ma evidentemente al primo pugno gli distrussi qualcosa di quella merda che chiamano cervello.
Così continuai a colpirlo.
Mi fermai ed ero ancora sopra di lui.
Avvertii un rumore proprio dietro di me, alzai la testa e capii di essere fottuto.
Sei zombie mi guardavano famelici, mi guardai davanti, altri due davanti a me, erano quattro ex inservienti del supermercato e quattro clienti immagino.
Oltre la soglia del terrore accadono cose strane nel corpo umano che oggi conosco, i miei tessuti si rilassarono e mi cagai sotto, contestualmente un rivolo caldo mi scese nei pantaloni e così mi pisciai addosso, capisco che tutto questo non è da eroi e avreste voluto leggere cose diverse, ma fu così che andò.
Oggi so che è un atteggiamento naturale, nel senso che ogni specie vivente, dalle scimmie ai lupi, durante la fuga o la caccia istintivamente vomitano, pisciano e si cagano sotto per essere più leggeri e più veloci.
Ma nel periodo pre bellico ci si riempiva la bocca con parole tipo coraggio e codardia, che nulla hanno a che fare con la sopravvivenza e i suoi istinti, ma chi poteva saperlo.
Il mio corpo stava reagendo, sentivo che dovevo tentare una fuga ma non avevo vie.
Ad un passo dalla morte vidi tre zombie caricarmi quando, ormai completamente sporco di sangue e merda, mi ero alzato, ero pronto a morire. Questo posso dirlo.
Bang, bang, bang, bang, bang.
Quattro colpi esplosero nel supermercato e i tre zombie caddero a pochi centimetri da me, sul fondo della corsia vidi mio fratello e Filippo.
Le altre teste marce li caricarono, e per loro fu una pessima scelta.
Erano tutti e due armati e incazzati.
- Ci ha mandato tua moglie, che non ti vedeva tornare - furono le loro prime parole.
Mi salvò l’amore di mia moglie, è la versione romantica che racconta lei.
Ma io, Filippo e Danilo sappiamo che a salvarmi fu la sua ansia da pannolino.
Ma non diteglielo.

martedì 6 marzo 2012

Chi vede riferisce


Stamattina sono andata a fare la spesa al piccolo bazar della cittadella. In realtà si tratta di un casale adibito a negozio dove abbiamo radunato tutto ciò che abbiamo trovato nelle case del paese, cibi in scatola, pacchi di pasta e riso, farina, legumi, e poi vestiti, scarpe, accessori di ogni genere, prodotti per bambini, giocattoli, insomma di tutto un po’. Abbiamo fatto una cernita delle cose utilizzabili, catalogato tutto, aggiustato le cose aggiustabili e ogni settimana una squadra di uomini si reca nei paesi vicini (che più passa il tempo più diventano lontani però!) per cercare provviste, medicine, vestiti, ecc… che riforniscano il nostro bel bazar.
Il casale si trova ai margini della cittadella e naturalmente è sempre piantonato da una coppia di sentinelle, di solito sono i ragazzi più giovani, non abbastanza vecchi da mandarli in giro a rischiare la vita, non più abbastanza piccoli da rimanere immuni a questo orrore che stiamo vivendo. Ma si sentono già uomini, vogliono difendere le proprie famiglie e questa nuova comunità creatasi spontaneamente, e così, li lasciamo fare la guardia al casale. In fondo non sembrava così rischioso… Già, non sembrava! Almeno fino a questa mattina. Avevo solo bisogno di un pacco di pannolini, sarei andata lì, li avrei presi e lo avrei segnato sulla lista (non c’è più bisogno di soldi, non c’è più bisogno di controlli, in situazioni come questa, ho scoperto, la fiducia, il rispetto per gli altri e l’onestà reciproca sono cose che vengono naturali), e sarei tornata a casa dove mia sorella mi aspettava con i bambini.
Ma quando sono arrivata ho trovato davanti a me una scena raccapricciante, i corpi di due ragazzi talmente dilaniati da essere irriconoscibili, non sapevo di chi si trattasse finché non sono tornata alla cittadella dove ho potuto leggere i turni di guardia. Quello che ho potuto capire dando una rapida occhiata in giro è che stavano giocando a scacchi, si stavano rilassando… hanno abbassato la guardia e molto probabilmente non hanno sentito avvicinarsi quelle cose che li hanno divorati.
C’è una cosa in tutto questo che proprio non riesce ad entrarmi in testa, forse, semplicemente, non riesco ad accettarla. Non è per me umanamente concepibile il fatto che quello che fino ad un attimo prima era un essere umano proprio come me, magari una mamma come me, ad un certo punto perda tutta la sua umanità e se ne vada in giro bramando di sbranare altri uomini, o donne, o bambini. Non riesco proprio a comprendere dove finisca “l’essere umano” e cosa subentri al suo posto. E’ più forte di me, proprio non capisco! E quei due poveri ragazzi, non più bambini, non ancora uomini, se ne stavano lì giocando a scacchi per cercare, forse, un po’ di quella normalità che tutti noi abbiamo perso da tempo. E solo per questo sono stati sbranati, smembrati come bestie. Pensavo a questo quando sono stata attaccata. Erano ancora lì quei rotti in culo! Mi sono sentita sfiorare un braccio e d’istinto ho fatto un balzo avanti, per fortuna quei bastardi sono talmente lenti che anche una come me ha il tempo di tirare fuori le pistole. Le mie amiche fidate… Ho estratto la mia P38 (quanto mi fa telefilm poliziesco questa frase!), mi sono voltata e ho sparato alla prima testa che mi sono trovata di fronte. Il sangue mi è schizzato addosso imbrattandomi tutto il maglione, che orrore! Odio la puzza del sangue di quelle cose, è un misto di zolfo, vomito e… carne putrefatta. Era una donna quella che mi ha assalito per prima, una donna cazzo! Ma era in buona compagnia! La puttana se la faceva con due zombie! E anche quei codardi mi sono arrivati alle spalle. Uno mi ha afferrato per un braccio, l’altro per le spalle, era talmente affamato che mi si è buttato addosso con tutto il suo peso. Sono caduta ma per fortuna sono riuscita a rimanere in ginocchio prima di rovinare faccia a terra. Non so come ho fatto, davvero non lo so. Credo che il mio spirito di sopravvivenza sia molto più sviluppato di quanto abbia mai creduto. Ma l’ho fatto. Mi sono buttata su un fianco e poi sulla schiena, avevo ancora la mia amica in mano e ho sparato, ho sparato fino a finire i colpi. Non li avevo colpiti in testa ma ero riuscita quanto meno ad allontanarli quel tanto che mi è bastato a tirar fuori la cz che intanto se ne stava lì offesa per essere stata esclusa dal gioco. Ho mirato alle teste di cazzo e ho sparato urlando tutta la rabbia che avevo in corpo. Poi ho pianto. Eh già… ho pianto come una femminuccia, ma in fondo è quello che sono! Prima facevo la mamma, passavo le mie giornate con i bambini, a giocare, a cucinare, a fare le pulizie, e tutte quelle cose che facevano, che fanno le mamme. Mai avrei pensato di dover difendere me e la mia famiglia da orde di mostri impazziti che vogliono cibarsi di noi! E ho pianto di quel pianto liberatore che a casa davanti ai bambini devo ricacciare ogni volta che, indiscreto, tenta di salire agli occhi.
Ero triste, esausta, arrabbiata, e volevo solo tornare a casa a lavarmi di dosso quell’odore nauseabondo. Ma avevo ancora una cosa da fare e non potevo tirarmi indietro, questo ha deciso la nostra comunità. Chi vede riferisce, è questa la regola. E così, dopo aver letto i nomi dei ragazzi che avevo trovato al casale, con l’animo devastato mi sono diretta dai loro familiari. Marco, il più giovane dei due, 17 anni appena, aveva solo sua sorella e non sapevo proprio come avrebbe reagito all’idea di essere rimasta sola. Mattia invece di anni ne aveva 21 e aveva raggiunto la cittadella con i genitori e la fidanzata che adesso, sola, si ritroverà a convivere forzatamente con una suocera che magari detesta! Mentre camminavo verso quelle case, con quel fardello di dolore che avrei loro scaricato addosso, ho avuto la sensazione di comprendere per la prima volta come debba sentirsi un medico che deve dare il triste annuncio della morte di un paziente ai familiari. Un misto di sofferenza e senso di colpa mi ha invaso, se fossi arrivata prima magari… o se non fossi andata affatto, non sarebbe toccato a me portare quelle notizie, Ma così era, ed era compito mio!
Ho fatto quello che dovevo e sono tornata dai bambini, non prima di essere passata nell’appartamento accanto al nostro che usiamo proprio per questo, lavarci, cambiarci e indossare il nostro sorriso da super eroi che tornano a casa vittoriosi!

mercoledì 29 febbraio 2012

"punto di quasi svolta"


Sarà che a volte mi sale un veleno incontrollabile, una rabbia compulsiva che mi morde lo stomaco,
come se questo lacrimasse una goccia alla volta, è più vicino al dolore che alla collera, non ho la faccia per piangere, ma lo stato d’animo è avvolto in un dolore imperturbabile.
Oggi un paio dei ragazzi ci hanno segnalato movimento breve (pochi zombie) fuori le mura, così siamo usciti armai io, mio fratello Danilo e Alessandro.
Erano sette anime in pena di lunga infezione, a giudicare dal puzzo e dalla camminata, prossimi alla morte definitiva e naturale (anche gli zombie muoiono con il tempo e anche se nutriti).
Ci siamo fermati a guardarli prima che si accorgessero di noi e andassero incontro alla morte violenta.
Tutti uomini e tutti adulti, i loro vestiti strappati, stracci da impiegato di banca o qualcosa di simile, uno di loro aveva ancora una lisa cravatta che doveva esser stata viola.
Mio fratello aveva con sé la sua ascia bipenne rubata nella ex casa di un collezionista di armi, pesantissima ma efficace, dal braccio lungo ed il manico in avorio, Alessandro una splendida spada da samurai, che nessuno ha chiesto dove diavolo può averla trovata, ed io con la mia mazza in ferro da carrozziere da dieci kg.
Ormai contro gli zombie è una lotta impari, spesso ti vengono incontro inermi, lenti, goffi e terribilmente prevedibili, ti si buttano contro con la loro bocca aperta e, spesse volte, quando ti scansi, cadono da soli, non ti resta che colpirli.
Sicuramente è stata solo una mia impressione, ma avevano un non so ché di umano, forse lo sguardo, sembravano dire, “siamo stanchi di vagare, uccideteci, mettete fine al nostro strazio, abbiate pietà della nostra non vita”.
Il primo è stato buttato giù da mio fratello che gli ha spaccato la testa in due, fino alla base del collo, un colpo violentissimo, si è spicchiato  come un mandarino, di quelli che si mangiavano  nelle festività prebelliche (come il natale), subito seguito da Alessandro che con tre movimenti secchi, come fosse un ombra, ha decapito altri tre di quei cosi mostruosi.
Io ho aspettato che si avvicinasse a me un altro, quando si è mosso per mordermi ho fatto due passi indietro (stavo per inciampare, tanto per ricordarmi che puoi fotterti sempre con gli zombie) ma sono rimasto in piedi, quando ormai era a terra, ho alzato la mazzetta e gli ho esploso la testa.
Quando l’ho nuovamente alzata, sotto il peso del pesante martello, non c’era quasi più nulla, solo una zuppa collosa di cranio friabile, materia mucosa (che negli zombie sostituisce il sangue e cervello).
Un altro è stato prima tagliato di netto a metà da Danilo, quando la parte superiore a terra, sbudellata, continuava a muoversi con un trascinamento lento delle braccia, Danilo ha finito il lavoro.
Ne restava uno, quello più lento.
In quel momento abbiamo avuto tutti e tre la strana sensazione che vi raccontavo.
Qualcosa in quell’essere era leggermente, ma significativamente, diverso.
Per un attimo ha “esitato”.
Era il tipo con la cravatta viola.
Lo abbiamo visto fermarsi, ne siamo certi, non è stato un problema di locomozione, si è fermato, ha esitato,come se avesse paura, e la paura è un sentimento, e i sentimenti non sono mai stata una proprietà degli zombie. Mi ha guardato e poi ha guardato mio fratello e Ale.
Nessuno di noi ha detto nulla, né prima né dopo, ma domani ne parleremo, ne sono sicuro.
Dopo la pausa ha fatto un passo verso me, con la faccia consumata dagli agenti atmosferici, la cravatta assurda con il nodo ormai lentissimo e quegli occhi.
Vuoti e scuri ma misericordiosi, pieni di fine, tra noi un silenzio di colla.
Forse per difendermi (l’istinto familiare e umano è indomabile) o forse perché gli andava e basta, mio fratello ha alzato l’ascia e lo ha finito per sempre.
Qualche ora dopo sarebbe uscito Vincenzo (il saggio) con la mini ruspa e li avrebbe seppelliti sotto cinque metri di terra.
Ora mi chiedo, nel silenzio della mia nuova casa, che cosa stia accadendo, forse un barlume di coscienza abita ancora quelle menti? Forse quando l’infezione si esaurisce in qualche modo qualcosa della memoria torna a galla.
Cazzo, non lo so.
Nessuno lo sa.
Abbiamo sempre avuto nel laboratorio della cittadella delle teste di zombie per studiarle, decapitate e messe su un tavolo dentro una scatola trasparente, e queste, anche se continuano a muovere le mascelle per un lungo periodo, alla fine se non alimentate muoiono.
E questo non è umano.
Ma qualcosa negli occhi di quegli uomini e dell’uomo della cravatta, portava con sé le memorie di una vita passata normale.
Per la prima volta da quando è esplosa l’epidemia, il mio sentimento di odio si è confrontato con la pietà.
Ora voglio dormirci su, se non è stato un caso, nei prossimi giorni e forse anni, ne parleremo ancora.
Se invece era un trucco della memoria di direttore di banca, fingere di essere fottuto per fottere, fanculo a lui.
Ho sonno.

lunedì 27 febbraio 2012

PAPA'


“Braveeeee! Brava mamma! E brava nonna!” mi girai e vidi Emanuele, ancora in cima alle scale, che applaudiva. Questo è matto, pensai. Avevo appena ucciso mia madre con un rastrello da giardino e lui applaudiva e urlava “brave”? Ma mi bastò posare gli occhi sul viso di Gabriele per capire, la sua espressione stava passando dal terrore al divertimento. Mio marito è un genio, pensai subito dopo. Ecco come è nata la storia del film sugli zombie.
- Amore, vai a chiedere al regista se la scena è venuta bene – dissi con la maggiore naturalezza che trovai in quel momento.
- E tu mamma vai a struccarti che per oggi abbiamo finito –
Presi i bambini e entrammo in casa, Emanuele in perlustrazione a vedere se ci fossero altri zombie dentro e io a chiudere porte e finestre. Per fortuna i miei hanno sempre avuto le inferriate a tutte le finestre, certo eravamo al sicuro. Misi i bambini davanti alla tv con il loro videogioco preferito ringraziando il cielo di aver mandato sulla terra l’inventore della Wii.
- Non ci sono zombie qui dentro, ma non riesco a trovare tuo padre –
- Vado a cercarlo io, se non è uscito forse so dove trovarlo -  dissi. Lasciai Manu con i bambini e scesi in camera dei miei. Aprii la porta dell’intercapedine che fungeva da cantina…
- Papà? Sei qui? –
La voce di mio padre mi arrivò alle orecchie portando con sé lo stesso sollievo con cui mi arrivava quando da bambina mi svegliavo in preda a qualche incubo, lui era sempre lì. C’era anche quella volta!
- Sì – mi rispose sottovoce.
Si era nascosto dietro una “barricata” improvvisata con le brandine che usavamo per i bambini quando ci fermavamo a dormire lì.
- Che cosa è successo? Cosa ci fai qui? –
- Ma che ne so, mi sono svegliato e tua madre era già uscita, credo sia andata a fare la spesa. Poco dopo mi sono ritrovato un mostro orribile, con indosso i vestiti di mamma, che cercava di aggredirmi. Sono scappato e mi sono nascosto qui dentro. E’ da un po’ che non sento rumori ma non ho avuto il coraggio di uscire –
Non so dove trovai il coraggio di dire quello che dissi, ma lo trovai. Fu ancora più difficile di ciò che avevo appena fatto.
- Papà, quel mostro ERA mamma! –
- Cosa? –
Cercai di spiegargli in cosa si fosse trasformata, ma non fu affatto facile. Provate voi a spiegare a un uomo di 70 anni, che non ha mia visto un film sugli zombie, che cosa sono e soprattutto che sua moglie era diventata un morto che cammina che non vedeva l’ora di mangiarselo!
Feci del mio meglio per fargli capire come stavano le cose e perché eravamo lì.
- E adesso dov’è? – mi domandò ancora incredulo.
Non potevo. No, non potevo dirgli quello che avevo fatto.
- E’ in giardino, qualcuno l’ha uccisa con il rastrello –
Ma era a mio padre che stavo mentendo… lui capì, e io capii che aveva capito, ma nessuno di noi disse niente, non serviva.
Quando tornammo su Gabriele, tutto entusiasta, raccontò al nonno del film e della bellissima scena d’azione che avevamo fatto io la nonna.
- Porca miseria, me la sono persa! Mi sono svegliato tardi! –
Io e Emanuele ci guardammo, avevamo capito che papà era pronto ad affrontare ciò che ci aspettava e a venire con noi. Dove, come e quando non lo avevamo ancora deciso.

domenica 26 febbraio 2012

L'imboscata


Eravamo quasi alla fine della val Nerina quando un gruppo di quattro o cinque esploratori, vedendoci arrivare, ci ha fatto cenno di rallentare e spegnere il motore. Ovviamente lo abbiamo fatto e siamo scesi subito per capire cosa stesse succedendo.
Sotto di noi un precipizio che si fermava in una gola.
- Siete armati? - ci ha chiesto il capo esploratore.
- Fino ai denti – ha risposto Filippo con un bel sorriso.
- Bene allora volete, potete unirvi alla festa - dicendo questo l’uomo  ha indicato un sentiero che scendeva in fondo alla gola, e poi con la mano destra ci ha fatto cenno di guardare in alto sopra di noi e davanti a noi, oltre la gola.
Aveva appena finito di parlare, mi sono dovuto sbrigare per raggiungere Filippo che stava già scendendo lungo il sentiero con una mitragliatrice pesante che portiamo per le feste insieme ad uno zaino pieno di munizioni, ho raccolto il mio fucile e sono sceso con lui di corsa.
Arrivati giù, il sentiero cadeva dritto dentro una trincea (le trincee nella guerra con gli zombie sono opposte a quelle delle guerre passate convenzionali, piuttosto che essere scavate, sono alzate, una sorta di monta rozzo, lungo tutta la linea, riempito di detriti dalla parte in cui arrivano gli zombie che con il loro passo incerto non riescono a salire o comunque impiegano un tempo incredibile per farlo).
Ci siamo accomodati al fianco di un plotone di dieci uomini, io sdraiato con il mio fucile di precisione, Filippo in piedi con la bambina in braccio (la bambina è la mitragliatrice).
Lungo la linea potevo distinguere almeno un centinaio di uomini armati fino ai denti, qualche minuto e abbiamo sentito l’esca arrivare urlando, era a circa cento metri da noi, ma potevamo sentirla distintamente.
- Coglioni rotti in culo fatevi sotto! - si sbracciava davanti a questa orda di morti che camminavano, gli erano veramente molto vicini, ma il ragazzo, giovanissimo, non sembrava avere particolarmente paura.
Vi assicuro che dalla mia prospettiva era realmente spaventoso, i non morti erano a migliaia, un esercito spaventoso che avanzava, e questo ragazzo lì da solo che urlava e si faceva sentire.
Le pale di un elicottero hanno improvvisamente attutito le sue urla, ci è passato sopra la testa, in un attimo gli era sopra ad una trentina di metri, una corda è scesa dal Bell in volo e il ragazzo la ha afferrata, quando ha dato il segnale di salire il mostro più vicino gli era a forse tre o quattro metri, ha allungato la mano per prenderlo, ma alzando la testa ha trovato solo il dito medio a fargli segno di andare a fanculo.
Tutti hanno iniziato a sparare, la tecnica era un colpo un morto, dritto in testa (tutti tranne Filippo, lui li tagliava letteralmente in due con la bambina).
Più sparavamo e più non riuscivamo a fermarli, quanti erano guadagnavano pochi metri al minuto, ma comunque li guadagnavano, questo per almeno dieci minuti di fuoco continuo.
A quel punto io e Filippo avevamo terminato le munizioni che avevamo portato giù dall’auto, e siamo rimasti a goderci lo spettacolo.
I cadaveri continuavano ad ammassarsi, e i fucilieri hanno cominciato a darsi il cambio con le seconde linee, che fino a quel momento avevano avuto la funzione di porta munizioni.
La battaglia è durata per un paio di ore, il buio ormai era totale e i visori notturni (i visori termici nella guerra con gli zombie non servono a nulla visto che i mostri sono freddi) erano stati indossati da tutti, compresi noi, le seconde linee li avevano portati a tutti.
Nessun cedimento, quei ragazzi sanno fare il loro lavoro.
Intorno alle due del mattino non risuonavano più colpi. Le linee si erano fermate e gli uomini si stavano ritirando, solo il perimetro venne “sentinellato” da un copioso numero di uomini che erano stati di riserva durante la battaglia.
Abbiamo passato la notte con i soldati e le loro storie da ascoltare, hanno acceso i fuochi e abbiamo mangiato tanto.
Quando il mattino dopo ci siamo svegliati lo spettacolo era incredibile, una distesa umana di corpi, ma quello che impressionava erano le prime linee di cadaveri alte fino a un metro e mezzo di esseri ammassati, per almeno trecento metri.
Il resto del viaggio è andato come da copione, abbiamo fatto quello che dovevamo.
Ci siamo fatti le nostre risate richiamando alla memoria la nostra amicizia prebellica e poi post bellica, quando stavo per uccidere Filippo, visto che era stato morso, e ringraziando di non averlo fatto, a seguito di una sbornia, si fece chiudere in una stanza e quando il mattino dopo lo andai a trovare mi chiese se da zombie era brutto.
Risposi “non molto”, scoprimmo così che lui faceva parte di quella piccola percentuale umana che la natura ha scelto di rendere immune all’infezione.
È inutile che vi facciate domande sui suoi anticorpi o cose simili, è uguale a tutti, solo che a differenza di altri lui e altri pochi sono immuni.
Ovviamente l’immunità non prevede che non possa morire sbranato, ma comunque sta un bel passo avanti su tutti a buco di culo. 

sabato 25 febbraio 2012

1 Griglia di spiegazione sommaria prebellica (appunti)




In questi scritti vado a menzionare le cose, senza un ordine cronologico dei fatti, d’altronde non sarebbe possibile né verificabile e ancor meno corretto nelle dinamiche visto che ogni paese ha reagito in modo diverso e in tempi diversi.
Un accenno allo scoppio dell’epidemia posso farlo (ma non prendetelo per fonte certa o ufficiale, di certo posso solo raccontare quello che vedo e vivo)
Il punto zero è identificato con il Cairo, lì è esplosa l’epidemia, ma era diversa, i primi infatti, ti aggredivano violentemente fino a ucciderti, quando eri morto continuavano a picchiarti, fino a farsi esplodere il cuore per morire di infarto, insomma arrivavano fino a restare senza più nulla in corpo continuando a ridurre in poltiglia la testa e il corpo del malcapitato.
Venivano classificati come omicidi suicidi, non c’erano morsi, quella è probabilmente stato un assestamento del virus (dal canto mio potete escludere il probabilmente).
L’espandersi è stato rapidissimo e, come accennavo quando ho cominciato a scrivere questo diario, sembra che colpevole sia l’acqua.(o meglio sembrava oggi è una certezza)
Prendete le mie spiegazioni per quelle di uno che nella vita prebellica faceva lo speaker, non lo scienziato.
Nessun esperimento andato in malora, nessun fottutissimo fattore inquinante in un laboratorio in una area 51, niente di tutto questo.
Conoscete la storia della bomba atomica che in piena guerra fredda stava per esplodere contro gli Stati Uniti per mezzo dei vertici sovietici? Quando si trattò di mettere ai voti, gli otto uomini del partito comunista si sentirono tutti male nonostante avessero mangiato cose diverse e in posti lontanissimi uno dall’altro.
Quella volta il mondo venne salvato dall’acqua, è ormai certo che li fece cagare tutti sotto per settimane quegli otto (Spezurowiski, il generale, rischiò anche di morire).
Attenzione non è l’invenzione di un mitomane, questa informazione è ormai di dominio pubblico,la terza guerra mondiale non esplose grazie ad una brocca d’acqua sul tavolo non contaminata ma che, chissà come, modificò la sua struttura.
È così, sulla base di questa traccia, che in pochi mesi gli studiosi più brillanti (e quelli ancora vivi) sono giunti alla conclusione che il mondo è finito e ripartito, molte più volte di quanto noi non pensassimo neanche.
Il continente perduto di Atlantide, è veramente esistito e venne inondato, così come le alluvioni raccontate nei libri sacri e i diluvi universali.(oggi sappiamo che sono stati molti)
Insomma la questione è molto più complessa di come posso spiegarvela in questa griglia di informazioni generiche, ma avrò modo nelle prossime settimane di entrare più nello specifico, devo solo dedicarmi di più ad una corretta scrittura.
Per ora accontentatevi di questo, il mondo e noi siamo composti di acqua, curiosamente la terra ha praticamente, in percentuale, la stessa quantità di acqua di un corpo umano.
Quando il pianeta è stato messo in crisi dall’uomo perché stavamo diventando troppi, ha semplicemente ristabilito un numero minore affinché si potesse vivere meglio.(nulla a che vedere con le stronzate di matrice ambientalista, buco dello ozono o cose simili, eravamo diventati troppi e basta) Ovviamente non tenendo conto delle enormi sofferenze del genere umano (ma  quando mai la natura h avuto pietà nel far morire bambini in atroci sofferenze per un tumore fulminante e senza speranze?).
Questa è la versione che approssimativamente viene accettata dall’umanità (o quella che ne è rimasta) anche dai religiosi, visto che non va ad intaccare il mito dell’apocalisse, la quale prevede la fine del genere umano, non la selezione; secondo i testi sacri infatti, con il volere di Dio, non si discute, saremmo tutti morti e basta.
Quindi fanculo a quei malati mentali che parlavano di scie chimiche o invasioni aliene, quei pataccari erano morti prima dell’infezione.
Nessun alieno ci ha infettato e purtroppo nessun alieno è venuto a salvarci.
Ci sono anche persone che hanno provato ad arricchirsi, con tutto questo, ad esempio le aziende che misero in vendita il “kit antizombie”.
Ma vaffanculo, una valigetta, con delle cose totalmente inutili, o comunque al quadruplo del prezzo se fossero state comprate singolarmente.
L’Italia è uno dei paesi che meglio ha resistito, a nord sono state alzate delle muraglie incredibili, vigilate dal corpo dei M.I.P. (Movimento Italiano Protocollo), per il resto noi ce la dobbiamo vedere con la nostra popolazione, non temiamo invasioni essendo una penisola. E il territorio ha aiutato, vecchi paesi arroccati in cima a colline o montagne, una volta chiuse le mura e preso le contromisure hanno solo dovuto gestire focolai interni, ma per il resto è andato tutto ok, chi ha pagato di più nel nostro paese sono stati quelli residenti nella zona della pianura padana.
Nessun ostacolo naturale e continuo cambio di venti che permetteva agli zombie di trovare l’odore “del vivo”
Ustica, Favignana, l’isola del Giglio e quella di Monte Cristo, sono praticamente libere e sono la propulsione agricola di aiuto per molte altre zone, cercano di aiutare come possono, la Sardegna sta combattendo in modo feroce, e la sua totale liberazione è prevista tra qualche mese, (ovviamente queste considerazioni non tengono conto di un nuovo ceppo infettivo) e a quel punto le cose avranno una svolta.
La Sicilia ha avuto una aggressione impressionante in contaminazione e quando hanno cominciato a reagire seriamente erano rimasti veramente in pochi.
Oggi però stanno stanando zombie casa per casa, sono pochi ma armati come pochi al mondo. Li fanno saltare in aria con esplosivi li squagliano, dopo averli attirati in laghi di acido o li infilzano con i forconi e si muovono per quella terra arida con una facilità incredibile.
Le zone più difficili da decontaminare in seconda battuta saranno, non tanto le aeree metropolitane dove si andrà  (e in qualche posto già si va) casa per casa, ma i sotterranei.
Fortuna, Roma ha una metropolitana non troppo estesa, ma città come Londra, New York e soprattutto Parigi, sono letteralmente andate, non saranno presto da considerarsi “libere” o forse non lo saranno mai più, si correrà sempre il rischio che qualche zombie salti fuori da la sotto.
Tokio è caduta dopo neanche tre mesi, e ad oggi non  ne sappiamo nulla, il popolo non ha trovato nell’immediatezza la capacità di reazione, visto che uno dei primi contagiati è stato l’imperatore, questo ha gettato nello sconquasso tutta la popolazione del Sol Levante.
Ottime notizie arrivano da Malta e da Cipro, i luoghi dove per primi sembra si sia fermata l’epidemia. Poi gradualmente i vivi hanno avuto la meglio sui morti.
Purtroppo la Svizzera è completamente andata (pochissimi sopravvissuti, se ancora ce ne sono) così come tanti altri luoghi che elencherò nelle prossime griglie.
Insomma non siamo ancora nella fase del contare i cocci, al momento possiamo solo cercare di capire cosa è stato rotto.
Voglio spendere anche qualche riga per i motivi che hanno portato qualcuno a sopravvivere e altri no.
All’inizio si pensava che a morire fossero i meno in forma, i più grassi o con handicap di vario genere.
In una società che basava quasi tutto sull’apparire, questo provocò un vento di inutile ottimismo.
Quelli che erano incredibilmente in forma grazie al fitness guardavano gli altri dall’alto al basso.
Alla fine furono praticamente i primi in scala a morire.
Infatti con il senno del poi la sopravvivenza non tiene conto del tuo addome, e lo stare in forma in natura non significa (come erroneamente credevamo) essere magri, altrimenti, e oggi lo sappiamo, gli orsi sarebbero tutti magri. Col cazzo
Quando fu il tempo della fame i ciccioni non furono colti da crisi isteriche andando a caccia e non tornando mai.
Lo stesso fece chiunque conosceva bene i propri limiti. Aspettò.
Quando si tratta di resistere non ci sono Rambo (personaggio eroico cinematografico prebellico).
Insomma a resistere furono quelle persone che agivano poco e bene.
Senza distinzione quelli che sapevano sfruttare al meglio la propria condizione, i grassi sfruttavano il peso e la forza, i magri la velocità e l’astuzia, quelli con il bel fisico, il terzo giorno di razionamento maledicevano i loro assurdi conteggi tra proteine e carboidrati e non avevano neanche la forza per cagare.
Anche se qualcuno di voi penserà che ci sia una lettura personale e che queste ultime righe siano dettate dal riscatto orgoglioso di un ex ciccione (oggi non è più cosi, ma sono sulla strada del recupero).

giovedì 23 febbraio 2012

"v armata"


Chiedo scusa se non seguo esattamente un filo temporale, ma mi limito ad un filo logico, e soprattutto mi scuso con mia moglie per il ritardo, ma questi sono squisiti fatti nostri che mangiamo dove e quando ci pare, (magari stanotte) spero di farmi perdonare.
Tre giorni fa sono partito per Roma con Filippo, abbiamo deciso di contravvenire la prima regola dello spostarsi sempre in tre.
Con quello che ci è successo, uno di noi si sarebbe potuto staccare per avvertire gli amici nella cittadella, ma sarebbe riuscito nell’impresa o avremmo solo messo a rischio un'altra vita?
Considerando quello che abbiamo incontrato sulla nostra strada è stato meglio così.
Eravamo nella super blindo (un Hummer da guerra saldata e preparata da Filippo) in quella che una volta era la Val Nerina, una lingua di asfalto, ormai invasa quasi totalmente dalla natura che collega, attraverso poi la Flaminia, la cittadella a Roma.
Ci trovavamo ormai ad una trentina di chilometri da Roma quando ci siamo simultaneamente innervositi, la strada era libera, ma ci guardammo in contemporanea. Magari un giorno racconterò anche di come si sviluppa un sesto senso, ma non come quello di prima della guerra, l’uomo in questi tre anni ha sviluppato cose sopite da millenni.
La giornata era ancora lunga e non avevamo incontrato teste morte e neanche vive, Filippo mi aveva fatto fermare per pisciare, io ero rimasto in vettura ma al suo rientro qualcosa era cambiato, forse l’odore, forse la carica elettrostatica nell’aria che impercettibilmente ti avverte di ogni cambiamento.
Comunque, abbiamo ripreso la strada, una curva, una seconda curva, un'altra e un'altra ancora, quando improvvisamente ce li siamo trovati davanti, dietro, sopra e sotto.
Ne abbiamo strikeato qualcuno con la macchina, (è un termine che usiamo, rubato al vecchio gioco del bowling, quando buttando giù tutti i birilli facevi un gran punto) ma tanti erano che sono riusciti a fermare l’Hummer. Anche buttando le prime quattro cinque linee, alla fine sono stati più forti del milione di fottutissimi cavalli che avevamo sotto il culo.
Quando la macchina si era ormai fermata hanno cominciato a venirci addosso come api intorno ad un alveare, picchiavano sui vetri blindati, ci guardavano famelicamente da fuori.
Li abbiamo sentiti salire sul tetto, e anche se tutto sommato ci sentivamo al sicuro, quanto avremmo resistito in quella situazione?
Lo potete immaginare cosa significa essere bloccati da migliaia di teste morte che premono in ogni direzione sulla vostra auto?
Era quasi sera e l’Hummer non dava cenni di cedimento, noi cominciavamo a perdere le speranze in quel modo dignitoso che solo due condannati a morte certa hanno, quando abbiamo iniziato a sentire in lontananza i tamburi.
Era la “V armata”, lo abbiamo capito subito, usano i tamburi per attirare gli zombie.
Cazzo è stato un spettacolo.
Pochi minuti e si è scatenato un inferno di fuoco, cadevano da tutte le parti, era quello che tutti i sopravvissuti ormai sanno, tra noi e i non morti ormai è solo una questione di pallottole, prima dello scoppio della guerra eravamo miliardi in tutta la terra, forse sette, ora siamo forse cinquanta milioni in tutto il mondo dei vivi, con un imprecisato numero di non morti che cadono ogni giorno.
Anche Salinger sul giovane Holden avrebbe scritto altro, e anche se i numeri non sembrano essere dalla nostra parte, cosi non è.
Loro ormai non sono gli zombie veloci del primo momento, a meno che non siano nuovi infetti, molti  si reggono a malapena in piedi, diventano più energici solo quando vedono un probabile pasto.
Ma per il resto sono morti che camminano, con le ossa semiputrefatte e che puzzano di marcio ovunque.
Quando la vettura è stata libera, Filippo è salito, per mezzo della botola, sul tetto alla mitragliatrice e ne ha massacrati a pacchi.
Io ho fatto una cosa che ancora non capisco.
Sono sceso quando intorno era ormai deserto e mi sono acceso un cazzo di sigaro.
Uno di quelli che qualche anno fa non mi sarei mai potuto permettere.
Ma qualche anno fa non mi sarei potuto permettere tante cose, compreso un Hummer.
La V armata aveva preso ormai posizione e continuava a sparare, io e Filippo siamo rientrati nel blindo solo quando un paio di pallottole ci hanno soffiato vicine.
Hanno finito il lavoro con un’ora o poco meno.
Abbiamo visto arrivare i preti verso di noi in divisa che facevano il loro lavoro.
(I preti sono, oltre alla canonica immagine,sono anche il corpo dei ripulitori, quelli che finisco il lavoro, armati di parastinchi alti e ginocchiere e gambali anti morso, passano in rassegna i cadaveri e finiscono quelli che ancora si muovono con un colpo in  testa e un’Ave Maria, il Vaticano ha chiesto che la preghiera fosse dedicata a Maria e non a Gesù perché il figlio di Dio si sacrificò per gli uomini, lei no. Cosa volete che vi dica, per certe cose il mondo è rimasto uguale).
La differenza attuale è che il Papa e il Vaticano ora sono ospitati all’interno di un monastero ortodosso in  Grecia, vista la posizione sono praticamente inattaccabili dagli zombie, troppo isolati e su isole sperdute.
Nessuna delle religioni si è unita tra loro, ma non si fanno più la guerra e hanno mostrato il lato migliore di Dio.
O di quello che loro chiamano così.
Il primo a venirci incontro è stato il Colonnello Pietrini, comandante del reparto A.E.C. (assalta e uccidi) un ragazzotto che avrà una quarantina d’anni, buono nell’aspetto ma estremamente risoluto nei modi.
Qualche metro prima di arrivare a noi, scortato da un paio di uomini, ha visto il braccio di uno zombie muoversi, ha estratto la sua pistola e gli ha sparato una palla dritta in faccia, senza neanche guardarlo (cazzo se lo ha centrato).
-Allora ragazzi, vi serve aiuto?- ci ha chiesto sorridendo.
Il ghiaccio si è rotto subito, gli ho offerto un sigaro e Filippo ridendo gli ha risposto:
- era solo questione di tempo, li stavamo stancando -, siamo scoppiati in una risata.
Così abbiamo scoperto che la V armata stava andando a liberare la zona intorno alla cittadina di Norcia. Che stava resistendo da mesi ma non riusciva a ripartire con la tripla s.
Prima di andar via il colonnello Pietrini ci ha rassicurato che al ritorno (se sarà vivo, era inutile ripeterselo) verrà a trovarci e magari se il posto gli piace può anche decidere di fermarsi, visto che è in cerca di un posto dove fermarsi e ricominciare.
La sua ragazza vive in caserma con lui vicino Roma nella zona di Torre in Pietra.
Siamo ripartiti che era ormai buio e ci siamo resi conto del culo che abbiamo avuto quando, dopo dieci minuti che camminavamo, in auto ancora vedevamo uomini e mezzi della V.
Ora vi chiedo scusa, domani o nei prossimi giorni vi racconto il resto.
Vi ricordate quando all’inizio vi ho parlato degli squisiti fatti nostri tra me e mia moglie? Ecco i bambini dormono…

mercoledì 22 febbraio 2012

MAMMA

Sono le 5 del mattino, Emanuele non è ancora tornato, e visto che di dormire non se ne parla... eccomi qui, per raccontarvi quella che è stata senza dubbio l'esperienza più brutta della mia vita. Se avete il giudizio facile o lo stomaco debole lasciate perdere e passate oltre, perchè in queste pagine non c'è spazio per la pietà, non c'è spazio per nessun umano sentimento....



Era il 17 aprile del 2014, l’epidemia era esplosa da poche settimane, i tg e i giornali ancora non parlavano di zombie (tanto meno di rotti in culo), ma anche se nessuno aveva il coraggio di pronunciare quella parola tutti avevamo capito di cosa si trattasse. A me ed Emanuele era bastato uno sguardo per intenderci. Lo ricordo come se fosse ieri, eravamo a tavola, stavamo cenando con i bambini che facevano il solito baccano e ci impedivano di sentire il telegiornale, ma le nostre orecchie erano state catturate da pochissime, semplici parole: strana epidemia, febbre alta, convulsioni, accompagnate da uno stato di morte apparente. Ci era bastato questo per guardarci, capirci e attivarci. Bagnetto ai bambini, favola e nanna, quando ci ritrovammo da soli in salone, senza dire nulla iniziammo a fare le valigie con lo stretto necessario a muoverci agevolmente. Caricate le macchine andammo a dormire con la consapevolezza che quella sarebbe stata la nostra ultima notte di vita normale, l’ultima notte che avremmo passato in quella casa. Ma tanto a me non piaceva neanche più quella casa! Aveva il giardino troppo piccolo per tre bambini, due cani e due gatti.
La mattina successiva, dopo una bella colazione abbondante prendemmo i bambini e, mostrando tutta la spontaneità che riuscimmo a tirar fuori, “ehi, bambini! Che ne dite di andare a trovare i nonni?” la proposta, come eravamo sicuri sarebbe successo, fu seguita da un entusiasta coro di “sììììììì”. E così, presi cani e gatti ci avviammo. Chissà perché eravamo convinti che Morlupo non fosse ancora stata toccata dall’epidemia. Ci sembrava normale ritenere che a Roma, con i suoi milioni di abitanti, sarebbe stato più probabile incontrare persone infette (perché per noi erano ancora persone, cambiammo idea di lì a poco). Ora mi rimprovero l’ingenuità e la banalità di quella riflessione, mi rimprovero la leggerezza del pensare che casa di mamma e papà fosse ancora quel luogo sicuro e rassicurante che dovrebbe essere per ogni bambino, ma soprattutto mi rimprovero la stupidità del non aver fatto la cosa più normale del mondo… telefonare! Perché non ho telefonato ai miei prima di imbarcarmi armi e bagagli non l’ho ancora capito, forse mi sarei potuta evitare l’esperienza peggiore di tutta la mia vita. Ma tant’è! Non telefonai!
Arrivammo presto, ma mamma era sicuramente sveglia, non dormiva mai oltre le sei del mattino, ero sicura che l’avrei trovata al solito posto, nel suo studio davanti al computer o intenta in uno dei suoi lavori manuali. Entrammo dal cancello del giardino superiore, quello che tenevano sempre aperto e dall’alto della scala vidi mamma piegata a terra, pensavo stesse piantando qualcosa o sistemando qualche pianta. “Ciao ma’!”, si voltò, mi si gelò il sangue a vedere la sua faccia deturpata e tutta sporca di sangue, si alzò e vidi a terra il corpo della sua adorata cagnetta, successe tutto in pochi secondi. Il tempo di realizzare cosa stava facendo e cosa le era successo… “nonna!” La voce di Gabriele mi rimbombò nella testa come se mi avessero suonato le campane di San Pietro direttamente nelle orecchie. Lo vidi partire di corsa sulle scale per andare ad abbracciarla, lei si diresse verso di lui e tutto aveva tranne l’aria di una nonna che vuole baciare il suo nipotino! Non avevo ancora le mie pistole, e allora non pensavo di certo mi sarebbero servite.
Non voglio scatenare la pietà di nessuno con frasi ad effetto tipo, mi vidi passare davanti agli occhi tutta la nostra vita insieme, o cose del genere che andrebbero bene per un romanzo, peccato che questo non sia un romanzo ma la fottutissima realtà. A dire il vero non so cosa pensai, credo di non aver pensato niente, penso di essermi trasformata in una frazione di secondo in puro istinto materno. Mio figlio era in pericolo e io DOVEVO SALVARLO! Mollai il passeggino con Niccolò in cima alle scale, Emanuele era rimasto poco indietro con Adriano, saltai giù dalle scale e afferrai il rastrello da giardino che trovai andando a colpo sicuro, sapevo benissimo dove lo teneva mia madre, lei e la sua mania dell’ordine! Pure in giardino! Fu un attimo e il rastrello era piantato nella sua testa! La fissa di mio marito per gli zombie e tutti i film e le serie televisive che mi aveva fatto vedere erano serviti a qualcosa, sapevo esattamente dove colpire. 

32 ore



Sono più di 32 ore che Emanuele è sparito, e 24 ore è il tempo limite che ci siamo concessi di stare separati, se dopo 24 ore uno dei due non torna dall’altro dobbiamo considerarlo morto, ma lui NON è morto! Lo sentirei se fosse così, la nostra sintonia va al di là di ogni umana concezione e la nostra capacità (più la sua devo dire) di comunicare con la mente è una cosa che nessuno ha mai creduto. Eppure IO SO CHE NON E’ MORTO. Quindi continuo ad aggiornare questo stupido blog, sì stupido! Non capisco che senso abbia, non sappiamo nemmeno se qualcuno lo legge o lo leggerà mai, non sappiamo nemmeno se qualcuno al di fuori di questa cittadella è ancora vivo per poterlo leggere. Eppure quando ci siamo resi conto che alcune linee telefoniche erano ancora intatte lui ha deciso di scrivere. Chissà, forse per credere che la sua, la nostra vita, abbia ancora una parvenza di normalità. Non lo so, so solo che gli ho promesso di scrivere al suo posto quando non avesse potuto farlo lui e così, eccomi qui. I bambini che dormono, con l’innocenza e la tranquillità che solo i bambini possono conservare in situazioni così estreme. Sarà che abbiamo raccontato loro che una grandissima produzione cinematografica sta girando un film sugli zombie e che quelli che vedono non sono altro che attori ben mascherati. E sono tutti contenti che il loro papà sia stato scelto nel ruolo dell’eroe, sono così orgogliosi che mi fanno una tenerezza infinita quando, al suo ritorno, gli saltano addosso trotterellando, e gli domandano “ehi papà, quanti attori brutti hai uzziso oggi?”. Attori brutti! Beh, almeno è un modo “poetico” di vedere le cose!
E io sono qui da sola, da 32 ore! Ci fosse almeno Filippo, mio fratello, non di sangue ma di vita! MIO FRATELLO! Con lui vicino potrei affrontare anche questo terrore silenzioso di non rivedere più mio marito! Ma lui NON E’ MORTO! Mi ha solo lasciato qui da sola portandosi dietro pure Filippo, accidenti a loro! Sola con le mie nuove migliori amiche, le mie affascinanti amiche ammazza rotti in culo! E’ così che mi piace chiamarle, mi serve ad esorcizzare la mia fobia delle armi. Ci volete credere? Prima di tutto questo ero talmente terrorizzata dalle armi che un giorno di circa vent’anni fa stavo per svenire solo per aver visto una foto di mia sorella che teneva in mano per gioco la pistola di un amico poliziotto. Sono stata talmente male che quando mi sono ripresa, dopo aver strappato quella foto, mi sono mangiata mia sorella con una serie di insulti che l’hanno lasciata senza parole! Oggi mi viene da sorridere ripensandoci. Dormo con le mie amiche ammazza rotti in culo sotto al cuscino e le ho usate talmente tante volte da aver perso il conto, ormai mi sembra normale persino tenerle sulla credenza mentre cucino, sempre a portata di mano, mia, mai dei miei figli!
32 ore e 52 minuti! Porca pu…a ma dove diavolo è finito? Giuro che quando torna gli sparo su una rotula così non si può più muovere! Non si lasciano moglie e figli così a lungo senza notizie! Nemmeno durante una guerra! Ecchecca…!!!!
Me ne sto qui a scrivere, con un occhio alla porta e un orecchio ai bambini, ho sempre paura che si sveglino in preda agli incubi, e se iniziano a urlare c’è il rischio che attirino quelle cose mostruose. Cose, non trovo altro termine per definirle. Non sono uomini, o almeno non lo sono più, non sono bestie, non sono niente, sono solo cose che si muovono. Penso solo a questo quando gli sparo in testa, altrimenti non ce la farei, ma si sa, una madre che vede minacciati i propri figli può arrivare a compiere l’impossibile. Forse è per questo che sono riuscita a colpire mia madre con un rastrello da giardino, gliel’ho ficcato dritto in mezzo agli occhi. Ma è una storia a cui non ho voglia di pensare in questo momento, magari un giorno ve la racconto ma adesso voglio solo concentrarmi e cercare di comunicare con Emanuele per capire che fine ha fatto. Ma giuro, lo ridico nel caso non fosse chiaro, che quando torna (perché torna!) gli pianto una palla nella rotula! Ecchecca…!

martedì 21 febbraio 2012

la cittadella 2


Saremmo dovuti andare a cercare farmaci come vi dicevo, ma siamo prossimi ad una battaglia feroce, uno sciamo di migliaia di Zombie  si muove verso di noi, non possiamo sapere se ci hanno fiutato o se stanno vagabondando in cerca di qualche animale ferito.quello che sappiamo è che poche ore erano molto vicini a noi, le vedette hanno acceso i fuochi sui promontori,cerco di scrivere per  rilassarmi.È notte, i generatori sono tutti spenti tranne i tre che teniamo dentro buche che abbiamo scavato, per attutire il rumore,nei vicoli del vecchio borgo un vociare esce dalle finestre,rumori di piatti,si mescolano a pianti e risate,la luce è fornita da camini accesi e candele, l’atmosfera non ha nulla a che fare con la fine del mondo quando scende la notte e tutto è tranquillo.
Qualche nucleo familiare è addirittura intatto,come prima dell’epidemia.
Ci si muove nell’ombra e nel silenzio sempre più di uno e in numeri dispari, durante uno scontro almeno uno deve essere libero di staccarsi e andare a dare l’allarme,la questione del dispari credo nessuno l’abbia mai capito, ma il protocollo di difesa internazionale è quello che prevede e noi lo eseguiamo forse per sentirci ancora appartenenti a qualcosa.
A proposito chiedo scusa ma la tensione me lo stava facendo dimenticare, il rumore che avevo sentito mentre scrivevo il diario era uno sciame di pochi zombie, quattro o forse cinque almeno uno doveva essere un bambino, è uscito dalle mura Alessandro,ormai ha affinato cosi tanto le sue tecniche di uccisioni, che potrebbe stenderne a centinaia con poca forza a patto che ci sia il tempo.
Ha intenzione di fondare un arte marziale il “Juzo.”(lo ha chiamato cosi) e vi assicuro che è molto efficace quello che fa e come lo fa.
Abbiamo scelto con cura questo paese non siamo lontani dalle cascate delle Marmore,ci troviamo  in cima ad un monte e coperti da quattro promontori, uno per lato. In cima ad ogni promontorio tre sentinelle a turno di quattro giorni, due ore di guardia quattro di riposo a scrutare ogni movimento sospetto intorno a noi mura fort-  chiedo scusa è suonata l’ora della battaglia mi dispiace avre

la cittadella 1


Quando i giorni erano bui sono stati gli eroi a fare la differenza, le gesta di uomini che hanno messo in discussione la loro vita per il genere umano.
Ogni singola persona ancora non infetta ne era la testimonianza.
Eravamo tutti bloccati in un palazzo a Roma nord che aveva funzionato da punto di raccolta, ma dovevamo andar via e per farlo dovevamo trovare dei mezzi adatti, cosi si dispose che un autobus sarebbe stato quanto di più indicato meglio se due, l’ideale sarebbero stati tre.
Cosi decidemmo una sortita al parcheggio autobus di saxa rubra, uscimmo in quattro, io Filippo Alessandro e Pietro, conosciuto fino a quel momento come il silenzioso, mai una parola di troppo, mai una parola fuori posto, ora che ci penso bene, mai una parola.
Sempre attento alle necessità della sua famiglia, sempre disposto a dare una mano, ma sempre in silenzio.
Filippo, uno dei leader del gruppo, in molti si ci siamo chiesti all’inizio se fosse pazzo o semplicemente un duro, con il tempo scoprimmo che era la seconda,ma detto questo, io non visto
più nessuno sdraiare gli zombie come lo faceva lui.una incontrollabile furia di violenza. I rotti in culo gli andavano addosso e lui ne sdraiava uno a cazzotto, neanche avesse le pietre nelle mani.
Ed infine, l’eremita, Alessandro un ex banchiere ammazza zombie del cazzo.
A mani nude (ma non come Filippo) o con qualunque altro arnese,lui a differenza degli altri ha cominciato la fase “tre s”  prima degli altri, i zombie non li aspettava li andava a cercare, li fiutava come fanno i cani, sarei curioso di vederlo oggi dietro lo sportello di una banca..chissà magari un giorno, dietro un bancone ad ascoltare un anziano incazzato perché non gli arriva la pensione con sei giorni di anticipo.
Il piazzale era pieno di Zombie, cosi Pietro l’unico in grado di accendere e far muovere un autobus visto che era il suo lavoro e Filippo, perché il più affidabile nello scontro corpo a corpo tentarono la sortita ,d’altronde era una di quelle tante occasione che vi racconterò in cui le cose le -fai o muori-.in mezzo non c’è nulla. li vedemmo sparire dietro un capannone, ancora oggi non capisco come fecero ad arrivare li senza essere morsi.(mi cagai sotto perché fare la strada di ritorno senza Filippo era quasi come uscire disarmati)
Poi l’orda di zombie si assemblò proprio dietro il capannone, a quel punto il nulla  io e Alessandro eravamo sul punto di andar via, visto che ormai non vedevamo più anima viva (gli zombi non sono vivi).li davamo per fottuti.
Sbucò fuori a quel punto il bus con la scritta elettronica, Zombie nun te temo (traduzione romanesca di Zombie non ho paura di te). E si avvicinò verso il nostro riparo che distava circa duecento metri (sopravvento nessun problema se non fai rumore i rotti in culo non ti fiutano a quella distanza).
Ci fecero salire a bordo e con grande sorpresa li trovammo sorridenti, Pietro ci fece fare il giro dietro il capannone che non riuscivamo a vedere e lo spettacolo fu orribile e bellissimo insieme.
Zombie schiacciati ovunque, saranno stati più di trecento rotti in culo spappolati, sotto le ruote del bestione senza pietà di Pietro.
Quei due bastardi erano stati una mezzora a investire mostri e li avevano uccisi tutti o quasi, quelli che ancora si muovevano lo facevano a pezzi, trascinandosi tra lamenti e sangue.
A quel punto scesero Filippo e Alessandro e finirono il lavoro a colpi di piede di porco il primo e con un crik da autobus il secondo.
Alla fine mi ritrovai a guardare un tappeto rosso sangue e carne maciullata.imparai ad apprezzare la bellezza dell’orrido.
Dentro di me dissi, quelle erano persone..fu un attimo e il cervello mi corresse..quelle erano persone molto tempo fa.
Con questo per oggi vi saluto, domani andremo a fare una sortita in un ospedale, a prendere antibiotici e farmaci generici, quelli sono dei posti maledetti, dove l’epidemia si è sparsa a macchia d’olio,le prime persone che contrassero il virus finirono in ospedale e dopo la febbre alta e le convulsioni si risvegliarono morte.
Dormiremo fuori qualche giorno, questo potrebbe voler dire che a scrivere forse se ne avrà voglia, sarà mia moglie che resterà nella “cittadella”
Magari vi racconterà di quella che era la sua paura più grande prima della guerra.lei odiava le armi, una volta fuori ad un mc donald si senti male nel vedere un magistrato scendere con la scorta armata dall’auto.
Oggi i suoi migliori amici, sono una pistola cz bifilare ed una p38 bodyguard.e vi assicuro che spara come cucina.
Da Dio.